Parla Amitav Ghosh: «Dal cuore dell’umanità un messaggio per tutti»
Scena simile nel suo ultimo romanzo. «Sconvolgente. Cambiamo politiche o questa diventerà la normalità»
«Quello che sta accadendo a Venezia è un messaggio che arriva dal cuore del mondo. Venezia è stata centrale nella storia globale, la porta tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud. Da lì si leva oggi sul resto del pianeta un avvertimento per il futuro».
Amitav Ghosh (Calcutta, 1956), scrittore e antropologo, è impegnato da lungo tempo sul fronte del cambiamento climatico. Ne L’isola dei fucili, appena uscito in Italia per Neri Pozza (traduzione di Anna Nadotti), ha disegnato una scena di Venezia con l’acqua alta. E proprio nella città lagunare ha ambientato la seconda parte del libro: romanzo che ha al centro il tema dell’aumento del livello dei mari e quello, connesso, delle migrazioni. In Italia in questi giorni, Ghosh parla al Corriere al telefono da Lecce. Tra le tappe del suo tour ci sarà anche il Veneto (sabato sarà a Verona e a Montecchio Maggiore, Vicenza).
Che effetto le fa vedere Venezia davvero sommersa?
«Sono sconvolto. Conosco la città da quarant’anni e la amo molto. Nel 2015 ci ho anche vissuto: ero stato invitato dall’università Ca’ Foscari. Quanto è successo era del tutto prevedibile, ma è avvenuto in modo molto più veloce di quanto potessimo immaginare: pensavamo che il cambiamento climatico avrebbe avuto un impatto sul mondo fra 15-20 anni, invece incombe già su di noi. Quello che perciò mi sciocca della marea record a Venezia è che diventerà sempre più “normale” per la città. Ora l’italia si sta davvero confrontando con l’emergenza climatica: è qui tra noi e bisogna farci i conti».
Che cosa bisogna fare?
«Nel breve termine è necessario creare protezioni per difendersi dall’acqua, oppure dal fuoco: anche gli incendi sono un’emergenza in alcuni luoghi del mondo. Ne L’isola dei fucili parlo pure di Los Angeles in fiamme, ma non perché io sia un profeta: lo ripeto, sono fenomeni prevedibili. Quanto alle misure immediate, nel caso di Venezia penso per esempio a barriere intorno alla basilica di San Marco che impediscano all’acqua di entrare».
E sul lungo termine?
«L’azione più importante è ridurre le emissioni di anidride carbonica. Sulla lotta al cambiamento climatico serve una strategia: a questo punto la questione è già provare a ritardarlo o, almeno, a prevenirne gli effetti peggiori».
Le immagini di Venezia allagata che fanno il giro del mondo, dopo quelle dell’amazzonia in fiamme, avranno l’effetto di una chiamata all’azione?
«Ovviamente lo spero. Ma per quanto riguarda l’italia credo che la consapevolezza del problema ci sia da qualche tempo, basti pensare alle alluvioni di Genova. Questo Paese è già, in vari modi, in prima linea sul fronte della crisi ambientale, non fosse altro per i chilometri di costa che senza dubbio lo espongono. Qualche passo si sta già facendo: mi sembra una buona idea quella di inserire nei programmi scolastici l’emergenza climatica».
Serve un maggiore coinvolgimento dell’europa?
«Sì, assolutamente. Ma l’italia è sempre stata un laboratorio di cambiamento, a volte nel bene, a volte nel male. Il suo impatto nel mondo è maggiore di quanto ci si potrebbe aspettare in base al numero degli abitanti. Certo, al momento non c’è un partito
Alzare la voce In Italia mi pare ci sia consapevolezza sui rischi per il clima. Ma una voce può aiutarvi: il Papa
verde che emerga con forza come in altri Paesi, ma non è detto che non possa accadere. E poi potete contare su una voce potente, che può fare la differenza: quella di Papa Francesco».
Ci sono però leader che negano ancora il cambiamento climatico, come Trump e Bolsonaro.
«In realtà ne conoscono le conseguenze, ma non si curano che i poveri muoiano. Serve invece solidarietà a livello mondiale. Per questo una figura come quella di Greta Thunberg può essere cruciale».
Nel suo saggio La grande cecità (2016) sollecitò il mondo della cultura, in particolare della letteratura, a far entrare il cambiamento climatico nell’immaginario collettivo. A che punto siamo?
«Una nuova narrativa sta emergendo: sempre più scrittori, come in anni recenti gli americani Barbara Kingsolver e Richard Powers, si stanno concentrando sul pianeta».