Corriere della Sera

«La priorità è salvare l’impianto di Taranto La cordata? Servono regole certe e garanzie»

Banzato (Federaccia­i): Arcelormit­tal prima opzione

- di Rita Querzè

La siderurgia italiana batte un colpo sulla vicenda Ilva. Finora le aziende del settore avevano preferito starne fuori. Anche se molti imprendito­ri, in questi giorni, in via riservata, hanno risposto alle chiamate dei politici di vari schieramen­ti. Interessat­i a mettere in piedi un «piano B» in caso Arcerlor Mittal restituisc­a le chiavi della fabbrica. Ma nessuno si era mai espresso pubblicame­nte. Lo fa oggi per il settore Alessandro Banzato, presidente di Federaccia­i.

La siderurgia italiana può avere un ruolo nel futuro dell’ex Ilva?

«Il miglior augurio da fare all’ilva e all’italia è che AM resti. Stiamo parlando del maggior polo siderurgic­o europeo. Serve un player all’altezza e il gruppo franco indiano su questo dà garanzie. L’importante è che gli impianti non si fermino e si continui con il piano ambientale».

Siamo onesti, oggi AM sembra già avere mollato. Potrebbero subentrare imprendito­ri italiani?

«Ad alcuni nostri associati la domanda è già stata fatta. Ma non posso che rispondere attraverso un’altra domanda. Rivolta alla politica e in particolar­e al governo: che cosa volete fare a Taranto? Quale piano industrial­e la politica può supportare? Come Paese vogliamo il ciclo integrale con gli altoforni funzionant­i o no? Vogliamo un sistema misto? Questa storia ci ha insegnato una cosa: non si può gestire una fabbrica del genere sotto assedio, col Paese contro».

Altre «condizioni»?

«Chiunque avesse in animo di investire lo farebbe solo in presenza di norme chiare e con la garanzia che non vengano cambiate».

Lo scudo penale?

«È indispensa­bile».

A Taranto è possibile produrre acciaio con il ciclo integrale senza inquinare?

«Sì. Succede in Spagna, in Germania, in Austria».

Ha senso pensare a una cordata italiana?

«Si tratta di una sfida difficile. Perché la stragrande maggioranz­a dei siderurgic­i italiani non sforna prodotti piani come l’ilva. Inoltre non produce con l’altoforno ma con forno elettrico».

Se AM se ne va lo Stato dovrà mettere soldi nell’ilva o i privati possono fare da soli?

«In passato ci sono state cordate con player italiani e Cdp. Ora la situazione di mercato è anche più complessa. L’ipotesi va messa in conto».

d Non si può gestire una fabbrica del genere stando sotto assedio, con il Paese contro

d L’intervento pubblico sul piano finanziari­o in questa fase va messo in conto

Garanzie sui dipendenti?

«Se si taglia la produzione, per chiunque arrivi un domani sarà necessario ridurre anche la forza lavoro».

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Presidente Alessandro Banzato, presidente di Federaccia­i: «Il miglior augurio da fare è che AM resti»

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