La partita di 50 milioni dei creditori
C’è un tema finora rimasto sottotraccia nella crisi Ilva. Che rischia persino di provocare un’altra procedura d’infrazione a carico dell’italia per «aiuti di Stato» a causa dei mancati risarcimenti. Soprattutto se dovesse prendere corpo il rientro degli asset aziendali ai Commissari. Riguarda il pesante stralcio dei crediti vantati nei confronti dell’impianto siderurgico che dovrebbero accettare la pletora di fornitori e banche che a vario titolo hanno lavorato per l’ilva. La contabilità dei creditori, tra privilegiati e chirografari, è varia quanto i soggetti coinvolti ma potrebbe ulteriormente ingolfare la macchina della giustizia a Taranto. L’apprensione di queste
ore riguarda le aziende dell’indotto che, non a caso, hanno già inviato le prime lettere di cassa integrazione agli oltre 3.500 addetti potenzialmente coinvolti. Molte temono di non poter incassare crediti per complessivi 50 milioni già fatturati per prestazioni e forniture, con uno scaduto che, al momento, qualcuno quantifica in circa 5 milioni. Altre aziende avanzano da settimane la richiesta di pagamento delle fatture e hanno evidenziato problemi per il pagamento degli stipendi alle maestranze. Ma la questione riguarda anche i creditori storici dell’impianto, cioè quelli della procedura di amministrazione straordinaria, seppur coperti da garanzie fidejussorie da parte dello Stato. Cioè Intesa Sanpaolo, azionista al 5,6% della cordata Aminvestco che sarebbe esposta per diverse centinaia di milioni. Ed Eni, principale fornitore di metano, che vanterebbe crediti per circa 60 milioni. Se l’addio di Arcelormittal dovesse concretizzarsi (e l’atto di recesso dal contratto di affitto appena presentato al tribunale di Milano va in questa direzione) bisognerà fare i conti anche con un ristoro al lumicino anche per i grandi creditori che sono stati decisivi, nelle loro valutazioni, anche per l’assegnazione ad Arcelormittal.
Gli 1,8 miliardi che il gruppo indoeuropeo si era impegnato a corrispondere per l’acquisto degli asset dal 2021 erano destinati al pagamento dei creditori per 3,91 miliardi di euro accumulati negli anni dall’ilva. Tra questi ci sono i 300 milioni per ripagare il prestito dello Stato del 2015, i 230 milioni di euro del debito ipotecario contratto sugli impianti. Tra gli 1,2 e gli 1,27 miliardi dovevano invece servire a coprire prededuzione, trattamenti di fine rapporto degli operai e altri debiti privilegiati per i professionisti e le agenzie che hanno lavorato per l’ilva.