Il piano degli eletti M5S Così vogliono mettere Di Maio all’angolo
I contrasti sull’ilva e sui nuovi incarichi nel Movimento
MILANO La doppia riunione di martedì a Montecitorio e al Senato sul caso Taranto, un vertice nella mattina di ieri con i capi pentastellati delle commissioni e infine un altro passaggio con i deputati in serata. Tre tappe, tre indizi per un fatto: il Movimento sceglie di appoggiare Stefano Patuanelli, dando mandato di fatto al ministro dello Sviluppo economico di trattare sulla questione Ilva. Patuanelli è per una linea più dialogante rispetto all’ala dei ribelli pugliesi e soprattutto a Luigi Di Maio, che sul polo dell’acciaio ha tenuto una linea dura, alimentando i sospetti dei suoi oppositori che voglia far oscillare pericolosamente il governo cercando un casus belli.
Ecco perché la scelta di Patuanelli «plenipotenziario» ha scatenato una ridda di voci all’interno del Movimento. C’è chi sostiene che in questo modo il capo politico sia stato «messo all’angolo», «commissariato», dimostrando che «non ha più il controllo dei gruppi». «Sta alimentando perplessità trasversali», puntellano l’affondo alcuni pentastellati, prefigurando «ulteriori sviluppi». I lealisti, invece, danno una lettura diversa. «Luigi cerca la collegialità e sta solo dando seguito a quanto ha dichiarato finora. Con Patuanelli non ci sono tensioni». Lo stesso Di Maio, parlando con i suoi e ricordando che il governo cercherà di far rispettare gli impegni per difendere i lavoratori e i cittadini di Taranto, cerca di stemperare la polemica: «È giusto che decida il Parlamento, perché è il Parlamento a essere sovrano ed è importante ampliare il dibattito alle altre forze di maggioranza».
Ma i contrasti interni non sembrano fermarsi solo all’ilva. C’è tensione anche sulla nuova struttura di comando. I facilitatori, «un team di circa 18 persone più il capo politico», non convincono una fetta dei parlamentari, che temono che gli eletti della nuova struttura «possano fungere da capri espiatori senza avere nessun potere». All’interno del gruppo però non c’è compattezza: lo dimostra il fatto che ieri alla Camera ci sia stata ancora una volta una fumata nera sull’elezione del capogruppo.
Dubbi, duelli, perplessità che si vanno ad inserire in un quadro già complesso. Il presidente della Camera, Roberto Fico, segue la situazione con attenzione e ha avuto modo di parlare con il premier Conte a margine dei funerali per i vigili del fuoco ad Alessandria, Di Maio è negli Stati Uniti ma già domani sarà a Roma ed è «molto probabile» un confronto con il premier al suo ritorno. E prima del weekend andrà sciolto anche il nodo della presenza del Movimento alle Regionali in Emilia-romagna e Calabria.
Paradossalmente sembrano più avanti nel percorso verso il voto le altre Regioni che andranno alle urne nella primavera del 2020. Ieri sono stati resi noti i referenti nel Movimento (un consigliere regionale e un parlamentare per ogni caso) per organizzare strategia e programma. Con una deadline precisa: «il 10 dicembre». Si va, come ironizza un pentastellato, verso un «Movimento più», dove per più si intendono patti con le liste civiche. In alcune Regioni come Campania, Veneto, Puglia sono già in corso colloqui e abboccamenti con realtà territoriali vicine al mondo dei piccoli imprenditori e a tematiche ambientaliste. I candidati? In caso di alleanze ci saranno «scelte condivise».