UNA POLITICA DEI RINVII CHE SOTTOLINEA LE DIFFICOLTÀ
Forse è troppo malizioso pensare che il Consiglio dei ministri e la riunione della maggioranza non siano stati rinviati per l’emergenza dell’acqua alta a Venezia: la decisione del premier Giuseppe Conte di andare a portare la solidarietà dello Stato nel capoluogo veneto colpito dalle inondazioni è comprensibile. La sensazione, tuttavia, è che lo slittamento si debba a ragioni soprattutto politiche. E la prima è che il caso dell’ex Ilva di Taranto si sta chiudendo nel modo peggiore, con la vittoria dell’ala intransigente del M5S e il governo spaccato.
La trattativa con la multinazionale Arcelor Mittal dopo l’annuncio della disdetta del contratto non è mai cominciata. E Conte ieri ha annunciato che lo Stato sarà «durissimo sotto il profilo legale del contrasto e della battaglia giudiziaria»: segno che i margini per una mediazione politica e riservata con l’industria franco-indiana si sono ulteriormente ridotti. Il muro dei parlamentari pugliesi dei Cinque Stelle ha piegato il leader e ministro degli Esteri, Luigi
Di Maio, già contestato; e il premier mostra di doverne tenere conto. Di Maio ammette: è «il momento più difficile per il Movimento».
Lo stesso problema della reintroduzione dello scudo penale per i dirigenti dell’azienda, sul quale la maggioranza governativa è divisa, sembra passare in secondo piano. Dopo avere avvertito che poteva provocare una crisi, ieri Di Maio ha precisato che votare sullo scudo «non avrebbe senso. Il tema degli alibi poteva valere due mesi fa...», intendendo quello che per il M5S è un pretesto della multinazionale per lasciare Taranto. Non si capisce che cosa accadrà, dopo i messaggi contraddittori del governo pro e contro una nazionalizzazione.
I tempi
Le tensioni tra il M5S e gli alleati costringono Conte a prendere altro tempo sull’ex Ilva e non solo. E la Lega vede le elezioni a maggio
Ieri la deputata pugliese grillina Rosalba De Giorgi ha raccontato che nell’incontro con Conte a Palazzo Chigi di martedì non c’è stato bisogno di chiarire nulla. «Il mio sogno», ha detto, «è che l’ex Ilva chiuda. Ma dobbiamo fare in modo che non si perdano i posti di lavoro». Sarebbe un ricompattamento del M5S a caro prezzo per tutti. Conferma la scelta, già affiorata in altre occasioni, di scaricare le sue tensioni sul Paese e sulla coalizione, indebolendola ancora di più. Bisognerà vedere la reazione di Pd, Leu e Iv.
Si è già capito che nel partito di Nicola Zingaretti e negli alleati minori si pensa a una soluzione diversa. Il problema è se sia ancora possibile evitare pasticci statalisti. Il leader della Lega, Matteo Salvini, vede un altro passo falso a proprio favore. «È un segnale devastante a livello mondiale perché dimostra che l’italia non è un Paese serio», accusa ora che non è più al governo coi M5S. «Ci sono migliaia di imprese straniere pronte a investire, che si stanno tirando indietro...». E la Lega «vede» elezioni a maggio.