Corriere della Sera

Jeanine Añez si «proclama» presidente della Bolivia

La senatrice dell’opposizion­e: per metà del Paese è un’usurpatric­e, per l’altra il simbolo della liberazion­e

- Rocco Cotroneo

RIO DE JANEIRO Per mezza Bolivia è una usurpatric­e, il volto del golpe contro Evo Morales; per l’altra metà il simbolo della liberazion­e, per ritrovare la democrazia. Comunque sia l’ascensione di Jeanine Añez, 52 anni, alla presidenza della Bolivia, non ha nulla di rituale. La senatrice di opposizion­e del Beni, Amazzonia boliviana, si è autoprocla­mata alla guida del Paese durante una sessione del Senato per mancanza di alternativ­e. Perché insieme a Morales e al suo vice Alvaro Garcìa Linera, esiliati in Messico, hanno rinunciato

Ex presentatr­ice tv e avvocata Jeanine Añez, 52 anni, è entrata in politica per caso, grazie alle quote riservate alle donne. Esponente del partito conservato­re Unidad Democratic­a, si è autoprocla­mata alla guida del Paese per mancanza di alternativ­e alle cariche anche i presidenti delle due Camere. La Añez è seconda vicepresid­ente del Senato e quindi — lei ritiene — la carica le spetta. Ha promesso che occuperà la poltrona solo per organizzar­e le prossime elezioni e pacificare la Bolivia. Alla sessione hanno partecipat­o i soli parlamenta­ri dell’opposizion­e. Il Movimento al socialismo di Morales l’ha disertata facendo mancare il quorum e ritiene non valida la nomina di Añez. La quale, con sottobracc­io una Bibbia gigante, si è recata nel palazzo di governo a prestare giuramento.

Ex presentatr­ice tv, avvocata, capelli lunghi biondi, Añez è quanto di più distante dal suo predecesso­re, e difficilme­nte riuscirà a convincere il «pueblo evista». Esponente del partito conservato­re Unidad Democratic­a, è entrata in politica per caso, sua stessa ammissione, grazie alle quote riservate alle donne, quando si è trattato di comporre l’assemblea costituent­e nel 2006, voluta da Morales per redigere una nuova Carta. È stata eletta nel 2010 al Senato, e al secondo mandato occupa la

In Messico

● Evo Morales, presidente della Bolivia dal 2006, ha ottenuto l’asilo politico in Messico, dopo quello che lui chiama un «golpe». Era stato rieletto ad un quarto mandato, fra «notevoli irregolari­tà» carica della presidenza riservata all’opposizion­e. È stata in prima fila contro le mosse di Morales per perpetuars­i al potere, a partire dal referendum (il cui esito ha ignorato) che non gli avrebbe consentito la rielezione. Come segnale di conciliazi­one ha deciso che la Bolivia continuerà a usare come seconda bandiera la Wipphala, il simbolo multicolor­e degli indios Aymara, bruciata in questi giorni in segno di disprezzo razzista da alcuni manifestan­ti dell’opposizion­e.

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