Caso Saipem I pm contrari alle assoluzioni di Eni e Scaroni
Una sentenza da «inversione a U», con il Tribunale che per molte pagine «scrive in realtà una sentenza di condanna ma poi d’improvviso vira verso l’assoluzione»: muovendo da questa interpretazione del verdetto di primo grado, ieri ai giudici d’appello il pg Massimo Gaballo e il pm applicato Isidoro Palma hanno chiesto di ritenere anche gli assolti Paolo Scaroni (ex ad di Eni), Antonio Vella (ex n.3) ed Eni (come società) responsabili della corruzione internazionale che il Tribunale addebitò solo a Saipem e a manager Saipem per gli appalti 2008-2011 in Algeria della società di ingegneristica quotata in Borsa che aveva Eni come primo azionista al 30%. Per questo l’accusa ha chiesto di condannare a 6 anni e 4 mesi anche Scaroni (oggi presidente del Milan), Vella a 5 anni e 4 mesi, ed Eni alla confisca di 197 milioni e 900.000 euro di sanzione pecuniaria, per aver concorso con Saipem a corrompere politici algerini dietro lo schermo della mediazione da 197 milioni alla società di Hong Kong di (finte) consulenze «Pearl Partners Limited» del tuttora latitante francoalgerino Farid Bedjaoui (condannato a 5 anni e 5 mesi), uomo dell’allora ministro dell’energia Chekib Khelil. «Scaroni — replica l’avvocato Enrico de Castiglione — : è già stato prosciolto in udienza preliminare e assolto in primo grado: sono fiducioso che l’appello possa confermare».