Corriere della Sera

Le regole dei classici (a tavola)

Da oggi in libreria e in edicola l’ultimo volume di Angela Frenda edito da Solferino Ottanta preparazio­ni suddivise per portata. Con un capitolo finale dedicato alle cotture moderne

- di Maria Luisa Agnese

H

Dante Alighieri o Pellegrino Artusi? Ha fatto di più per creare una koinè della lingua italiana il sommo poeta con il suo dolce stil novo o il gastronomo per eccellenza?

a fatto di più per creare una koinè della lingua italiana Dante Alighieri o Pellegrino Artusi? Ha contribuit­o maggiormen­te a costruire nel nostro Paese un sentimento collettivo il sommo poeta con il suo dolce stil novo o il gastronomo per eccellenza che ha unificato l’italia in nome della linguaggio primario del cibo e della nutrice, della quotidiani­tà e della conviviali­tà?

La domanda non è retorica e la risposta è sempre giusta, in entrambi i casi, e si può partire proprio da qui e da questo parallelo inedito fra cucina e linguaggio, per capire perché bisogna leggere — e soprattutt­o godere nel leggere — I (miei) grandi classici, il nuovo libro che Angela Frenda, food critic del Corriere della Sera, ha scritto per Solferino editore. Gustoso ricettario dell’anima che ripercorre tutte le tappe emotive del nostro immaginari­o e del gusto collettivo, dalla pizza di scarola alla minestra maritata, dal bignè alla tarte Tatin e alla crostata cioccolato e nocciole. Ma anche libro di passioni culinarie e intellettu­ali che cerca di ricostruir­e e rintraccia­re nel gran calderone della cucina glamour contempora­nea la solidità della grande tradizione della cucina e delle sue basi classiche. Che poi le permettono di diventare classico internazio­nale e ambasciato­re del gusto nel mondo, come succede per la cucina italiana.

Lo spaghetto al pomodoro, per esempio, che se eseguito seguendo i fondamenta­li resta caposaldo e non deluderà mai. E che, al di là di ogni «impiattame­nto» stuzzicant­e, di ogni esercizio narcisista di presentazi­one, e di «aggiunte» fantasiose più o meno eretiche, uno spaghetto al pomodoro resta sempre uno spaghetto al pomodoro. Perché alla fine la cucina rassicura la nostra anima e dipana le nostre incertezze, e conforta sapere, come scriveva la regista e sceneggiat­rice Nora Ephron in Affari di cuore «che la farina e il brodo caldo, aggiunti al burro fuso, si amalgamano puntualmen­te formando un composto cremoso». Caschi il mondo.

E difatti Angela Frenda, con mossa ardita e situazioni­sta, chiede aiuto a Italo Calvino che nel suo Perché leggere i classici aveva stilato le 14 definitive definizion­i di Classico. Lo scrittore ovviamente parlava di libri ma l’autrice, ricitandol­o, ha giocato a sostituire la parola libro con la parola piatto, e ne è venuto fuori il ricettario perfetto, sempre in 14 punti, un dizionario universale della Cucina classica. Che gioca sull’equilibrio virtuoso fra passato e futuro. I piatti classici che ci arrivano portano su di loro la traccia delle esperienze che hanno preceduto la nostra e dietro di loro la traccia che hanno lasciato nella cultura passata (punto 7). Oppure: Il «tuo classico è quello che non può esserti indifferen­te e che ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui, così Calvino al punto 11, e qui

Calvino Con un’operazione solo in apparenza ardita, l’autrice si è ispirata a Italo Calvino

Universale Ne è venuto fuori un dizionario, sempre in 14 punti, della cucina universale

si potrebbe andare oltre, sostituire classico con pop e il gioco funzionere­bbe sempre benissimo.

Classici, insomma, che sanno andare oltre le mode e il rumore di fondo, ma che nello stesso tempo di questo rumore di fondo sono intrisi e non possono fare a meno. Perché toccano le corde più profonde, scavano nel nostro immaginari­o e nel sentimento popolare in modo genuino. Dopo gli chef, i cuochi e le cuoche, dunque, perché più classici.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy