Corriere della Sera

SPAGNA, AL GOVERNO DI SINISTRA NON CREDE NEANCHE LA SINISTRA

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Caro Aldo, le elezioni di domenica hanno confermato che la Spagna è divisa. Per formare una maggioranz­a stabile l’unica alternativ­a è l’accordo tra socialisti e popolari. Riuscirann­o i leader dei due partiti a superare i forti contrasti, a dare un governo al Paese, dopo quattro anni di continua campagna elettorale?

Domenico Mattia Testa

Non le pare che le elezioni spagnole, con la scomparsa di Ciudadanos, decretino la definitiva morte del centro? Inoltre non mi pare che lei creda molto al governo di sinistra tra socialisti e Podemos. Perché?

Luigi Ratti, Milano

Caro Domenico Mattia, caro Luigi,

Iprimi a non credere al governo «pueblo unido» sono loro, Pedro Sánchez e Pablo Iglesias. Altrimenti l’avrebbero fatto l’estate scorsa, quando avevano dieci seggi in più. Adesso la loro mossa appare nello stesso tempo frettolosa e tardiva. Più un arrocco contro la ripresa dei popolari e il boom dell’estrema destra, che non un progetto concreto per la Spagna e per l’europa; come si deduce dal programma pieno di buone intenzioni, tipo lettera di ravvedimen­to di un ragazzino ribelle.

Anche la via auspicata dall’europa — un accordo anche minimo tra socialisti e popolari, che potrebbero astenersi come già il Psoe aveva fatto nel 2016 per lasciar partire il governo Rajoy — implica resistenze e incognite. Il Pp non vuole lasciare il monopolio dell’opposizion­e a Vox. Sánchez teme di scontentar­e la base di sinistra che — come ricordava ieri Andrea Nicastro — l’ha portato alla vittoria alle primarie contro la vecchia guardia degli andalusi, capeggiati da Susana Díaz dietro la quale si intravede Felipe González. Nella dura realtà dei fatti, a parte le coloriture ideologich­e, oggi il Psoe e il Pp sono due partiti centristi. Certo, uno di centrosini­stra, l’altro di centrodest­ra; ma le politiche economiche non sono così distanti. Pedro Solbes, il ministro dell’economia di Zapatero, ha governato sulla stessa linea liberale di Rodrigo Rato, il ministro di Aznar.

In sintesi: il centro non esiste più come partito; ma esiste come luogo politico. Anche se i centristi, dovendo scegliere, vanno a destra. Dei due milioni e mezzo di voti persi da Ciudadanos, solo 200 mila sono andati a Sánchez, che pure aveva fatto una campagna elettorale tutta al centro. Oltre un milione sono tornati al Pp. Oltre mezzo milione sono andati a Vox. Il resto si è perso nel mare dell’astensione.

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