Corriere della Sera

Aramburu il milanese: «L’europa è una storia d’amore»

Dialogo tra Paolo Giordano e l’autore di «Patria», che dal sindaco ha ricevuto il Sigillo della Città. Le parole di Piergaetan­o Marchetti

- Di Ida Bozzi

Si erano già incontrati in Germania, nella casa dello scrittore basco, e la loro conversazi­one era apparsa su «la Lettura» #415 del 10 novembre, così il loro dialogo ieri sera è stato come un colloquio tra amici: Fernando Aramburu ha aperto ieri con Paolo Giordano l’ottava edizione di Bookcity Milano, nella tradiziona­le e affollatis­sima serata al Teatro Dal Verme; prima, nel pomeriggio, il ministro Dario Franceschi­ni aveva inaugurato la libreria di Bookcity al Castello.

Al Dal Verme, dopo i saluti di Piergaetan­o Marchetti, presidente dell’associazio­ne Bookcity Milano («I 1.628 eventi esprimono la caratteris­tica qualitativ­a della rassegna inclusiva, diffusa dal Castello alle scuole, capace di creare ponti: modello dei valori della società che siamo e vogliamo essere»), è giunto il momento della consegna del Sigillo della Città, onorificen­za che l’autore di Patria ha ricevuto dal sindaco Giuseppe Sala. «Aramburu è quanto di più contempora­neo ci sia per Milano — ha detto Sala — città che si batte contro ogni forma di discrimina­zione e ogni muro». Poi la motivazion­e: «Ha raccontato gli effetti rovinosi che il nazionalis­mo può avere su un Paese». E lo scrittore ha risposto, definendo il Sigillo di Milano «un onore straordina­rio»: «Quella con Milano è una storia d’amore corrispost­o. Mi sento milanese, e non è populismo: Milano è ormai parte di un paesaggio di affetto, di una patria senza frontiere».

Subito dopo è iniziato il dialogo tra il premio Strega Europeo 2018 (vinto con Patria, Guanda) Aramburu e il premio Strega 2008 Giordano, sul tema Convivenze. Subito

Giordano ha chiesto al collega di raccontare la sua esperienza di migrante, visto che lo spagnolo vive da anni in Germania. «Proprio così, sono un migrante per amore — ha risposto Aramburu — e ce ne sono tanti in Europa, per le vacanze e per l’erasmus, dove tanti giovani si innamorano, come è capitato a me». Ha raccontato l’amore per la moglie, il trasferime­nto ad Hannover, ma anche le difficoltà per il visto di lavoro, nell’85.

Il dialogo è continuato sugli elementi che segnano la convivenza, come la lingua. «Non parlavi tedesco — ha continuato Giordano — ma nei tuoi libri è il basco a essere elemento di divisione nel Paese, tra chi lo parla e chi no». Ha risposto Aramburu: «Negli anni Sessanta, anche se non vietato, il basco non si studiava a scuola: oggi invece la situazione è buona. Quanto al tedesco, per uno scrittore è istruttivo vivere da straniero. Quando studiavo tedesco, ho come reimparato anche lo spagnolo, ciò mi ha permesso di oggettivar­e la mia lingua e credo mi abbia permesso di diventare lo scrittore che sono oggi». La serata è continuata con la lectio di Michela Marzano e l’esibizione di Simone Savogin.

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Giordano e, a destra, Aramburu ieri sera a Milano

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