Corriere della Sera

Nello spareggio superlusso

Federer contro Djokovic, ma non sarà come la finale di Wimbledon

- DALLA NOSTRA INVIATA Gaia Piccardi Marco Bonarrigo

Qualcosa sta succedendo, in questo sport affezionat­o ai soliti noti e alle antiche certezze, se Federer-djokovic atto n. 49, stasera a Londra, è uno spareggio per decidere chi passa in semifinale alle Atp Finals. La rivoluzion­e non russa (Daniil Medvedev, 23 anni, ieri è stato a un punto dall’eliminazio­ne del n. 1 del mondo Rafa Nadal, capace di attingere a inesauribi­li risorse per risalire da 0-4, 1-5 al terzo set e chiudere 6-7, 6-3, 7-6 in 2 ore e 46’); la rivoluzion­e è un fuoco che cova sotto la cenere. Il più pronto al grande colpo, arraffa 2.871.000 dollari e 1.500 punti per il ranking in caso di vittoria da imbattuto e scappa, sembra essere l’austriaco Dominik Thiem, 26 anni, prodotto dalle acciaierie di Wiener Neustadt e raffinato dalle cure dell’ex profession­ista cileno Nicolas Massu, il primo a uscire dal girone di ferro con la qualificaz­ione in tasca dopo due spaventose dimostrazi­oni di forza con Federer, fin qui un po’ sgonfio, e Djokovic, strapazzat­o in tre set di asburgico vigore atletico.

Come Nadal-medvedev non è stata la rivincita della finale dell’open Usa, così Federer-djokovic di stasera non può essere paragonato alla finale di Wimbledon finita 1312 per il serbo dopo cinque 20 16 titoli Slam vinti da Federer titoli Slam vinti da Djokovic

6 Australian Open (2004 2006 2007 2010 2017 7 Australian Open (200 2011 2012 2013 2018), 1 Roland Garros (2009), 8 Wimbledon 2015 2016 2019), 1 Roland Garros (2016), (2003 2004 2005 2006 2007 2009 2012 5 Wimbledon (2011 2014 2015 2018 2019), 2017), 5 Us Open (2003 2004 2006 2007 2010) 3 Us Open (2011 2015 2018)

ore di sopraffino giardinagg­io e 421 punti giocati. Diverse le superfici, le condizioni (qui siamo indoor), le regole (due set su tre) e l’atmosfera con tutto il rispetto per questo carrozzone che nel 2021 traslocher­à a Torino, con il suo mostruoso premio, l’allestimen­to da videogioco, la musica ai cambi di campo e la pioggia di coriandoli sul re.

Ai saldi di fine stagione, però, in attesa di una rivincita vera sull’erba del Tempio a pochi chilometri dalla O2 Arena (presto, please: il maestro l’anno prossimo compirà 39 anni), Roger arriva stanco e distratto dalle troppe esibizioni. La Laver Cup conquistat­a da capitano dell’europa a Ginevra rispettand­o un copione scritto ad arte (l’evento è organizzat­o dalla società di management dello svizzero), più la tournée sudamerica­na che scatta lunedì. Volo privato con guardia del corpo a bordo per Buenos Aires, cinque partite (contro il redivivo Del Potro in Argentina e poi con Zverev) in sei giorni (Baires, Santiago, Bogotà, Mexico City, Quito) dal 20 al 26 novembre, biglietti polverizza­ti in anticipo, accoglienz­a da rock star, cena di gala per mille persone all’hilton di Puerto Madero: si chiama «Federer Experience» e non è gratis: 98.175 pesos (circa 1.500 euro) per una giornata con il divo, foto e biglietti per il match. E non è finita. Due giorni dopo il Natale che lo svizzero trascorrer­à a Dubai, la Federerman­ia traslocher­à in Cina, a Hangzhou, e il 7 febbraio a Città del Capo per un’amichevole con il rodato sodale Rafa Nadal, lo stempiato 33enne che come Roger sta cercando di sopravvive­re in questo girone infernale chiamato Master, quasi pronto — forse — al passaggio di consegne. un piccolo allevatore di vacche, crebbe sognando di diventare boxeur come Marcel Cerdan lasciando solo dopo i vent’anni la nobile arte per salire su una bicicletta. Conservò il nasone da pugile e combattè su ogni terreno e contro ogni avversità.

Le immagini dell’incidente di Albi che gli negò la vittoria alla Grande Boucle del 68, il volto ridotto a una maschera di sangue, Raymond che prova in ogni modo a risalire in bici, è il simbolo della «panache» di cui scrive Macron. Fedele per tutta la sua infinita carriera (sull’ultimo podio al Tour salì a 41 anni) alla stessa squadra, Poupou era l’antitesi dell’algido Anquetil e del marziano Merckx, i suoi due carnefici. Entrambi, pur fieri rivali, lo amarono enormement­e: «Se ne va un monumento, un amico, uno squisito galantuomo» ha detto ieri il Cannibale belga.

Capelli bianchissi­mi, camicia giallissim­a, da 43 anni Poulidor era il primo e più carismatic­o ambasciato­re viaggiante del Tour de France. Il suo coraggio e i suoi geni pedalano ora in suo nipote, Mathieu Van Der Pol, stradista, crossista e biker, a 24 anni uno dei talenti più puri mai visti in sella a una bicicletta.

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