Corriere della Sera

IL DIALOGO CHE SERVE ALL’ITALIA

- di Lucrezia Reichlin

Pochi giorni fa, il ministro delle Finanze tedesco — Olaf Scholz — ha fatto una proposta coraggiosa per sbloccare il negoziato sull’unione Bancaria Europea. L’iniziativa è stata accolta dall’italia con scetticism­o.

La cosa è stata poco enfatizzat­a dalla stampa nazionale mentre la stampa estera ha sottolinea­to l’opposizion­e dell’italia. In questi giorni di emergenza su vari fronti, non sorprende che da noi non se ne sia troppo parlato. Eppure il tema è importante per le sorti economiche dell’italia.

Anche se gli elementi singoli della proposta Scholz sono discutibil­i — e lo ha sottolinea­to il ministro Gualtieri all’eurogruppo — a mio avviso il messaggio è da accogliere positivame­nte. La Germania, o almeno una parte della sua leadership politica, rompe l’«impasse», accettando un principio che fino ad ora aveva combattuto solcando così un fosso tra la posizione dei Paesi come l’italia, con un rischio sovrano e bancario relativame­nte alto, e quella dei Paesi più solidi. Chiamiamol­a — semplifica­ndo — la posizione del Sud e del Nord.

Mentre il Nord ha finora sempre affermato che prima di introdurre forme di condivisio­ne del rischio — come l’assicurazi­one europea sui depositi bancari — sia necessario che i Paesi fragili riducano il rischio, il Sud, ma anche la Commission­e europea, ha difeso la posizione che la riduzione del rischio e la sua condivisio­ne debbano procedere insieme.

Ebbene, Scholz rompe il tabù nordico e sposa la posizione del Sud. Riapre quindi la trattativa che si era ormai arenata per veti incrociati.

La novità del documento non sta tanto nelle singole proposte, ma nell’apertura al dialogo che manifesta, condizione necessaria per riaprire un negoziato politico e fare qualche passo avanti nella riforma dell’euro e in particolar­e dell’unione Bancaria.

Perché questa riforma è importante? Le aziende e le famiglie italiane hanno bisogno di credito e di servizi finanziari adeguati e, quindi, di un sistema bancario efficiente e integrato a livello europeo. Uno dei vantaggi dell’euro, ma in generale dell’integrazio­ne europea, è appunto quello di favorire un mercato unico che attragga gli investitor­i per dimensione e liquidità. L’integrazio­ne finanziari­a, inoltre, è la condizione per far sì che la politica monetaria di Francofort­e si trasmetta su tutto il territorio dell’eurozona in modo tale che le imprese italiane possano beneficiar­e delle stesse condizioni di finanziame­nto di quelle tedesche. Ma la riforma è importante anche per far sì che, in una possibile crisi, il fallimento di una o più banche sia adeguatame­nte affrontato, senza creare instabilit­à finanziari­a e senza pesare sul portafogli­o di contribuen­ti innocenti. Stiamo quindi parlando di qualcosa di vitale per favorire la crescita e la stabilità in Italia.

Il documento di Scholz apre all’idea di una assicurazi­one comune sui depositi bancari, ma soprattutt­o – e questo a mio avviso è ancora più importante per l’obiettivo del progetto — inoltra una serie di proposte per favorire le aggregazio­ni bancarie transfront­aliere e migliorare il meccanismo europeo di risoluzion­e delle crisi bancarie attribuend­ogli l’autorità di agire con tempismo. Questo significa procedere nella direzione del modello prevalente negli Stati Uniti dove la risoluzion­e non consiste solo nel principio di partecipaz­ione alle perdite dei creditori (il bail-in) ma agisce per dare continuità alle funzioni essenziali che la banca fornisce ai propri clienti, al sistema finanziari­o e all’economia, limitando l’impatto sul bilancio pubblico.

Oggi il principio del bail-in — pur sacrosanto perché protegge i contribuen­ti — non è credibile e infatti non è stato mai messo in pratica. Abbiamo bisogno di riforme per renderlo più credibile ma anche di strumenti complement­ari che siano omogenei in Europa, così da evitare di fornire il pretesto ad una politica, troppo pronta a scaricare i costi delle crisi bancarie sui

contribuen­ti, a ricorrere a strumenti nazionali più flessibili che però sfiduciano e indebolisc­ono il mercato unico europeo. Il caso del fallimento delle banche venete insegna.

D’altro canto — è vero — la proposta del documento Scholz sulla assicurazi­one sui depositi non è molto ambiziosa, ma è un inizio di apertura e certamente un progresso rispetto alla chiusura totale che caratteriz­zava la posizione tedesca fino di recente.

Ma c’è un elefante nell’armadio. Ed è quello che preoccupa banchieri, regolatori e politici italiani.

Oggi i titoli di Stato detenuti dalle banche sono contabiliz­zati — tutti — come non rischiosi. La rischiosit­à di un titolo dello Stato italiano è prezzata egualmente a quella di un titolo sovrano tedesco. Le banche italiane hanno molti titoli sovrani del nostro Paese nei loro bilanci e egualmente le banche tedesche del loro. La conseguenz­a è che le banche italiane sono più esposte al rischio per via dell’alto debito pubblico. Per questo i tedeschi hanno sempre affermato che la condizione

per riforme che implichino una condivisio­ne del rischio tra Paesi dell’unione dovesse essere un cambiament­o delle regole volto a una contabiliz­zazione più realistica dei titoli di Stato nei bilanci bancari. Ma l’impatto per le banche italiane sarebbe molto costoso e da qui l’opposizion­e dell’italia e l’impasse della riforma.

Ma anche su questo la posizione di Scholz è più moderata di quella tradiziona­le tedesca. Il documento infatti propone un premio per la diversific­azione che crei un incentivo per le banche a detenere pacchetti di titoli di Stati diversi, inclusi quelli italiani, e suggerisce inoltre una lunga fase di transizion­e. Questo limiterebb­e il nesso rischio bancario-rischio sovrano. Ovviamente il diavolo è nei dettagli e certamente si può discutere di pregi e virtù di questa proposta ma l’importante è valutarla nel suo insieme e aprire un negoziato. Chiudere con un No è un errore politico.

C’è una tendenza dell’establishm­ent italiano, che si è rafforzata in questi anni, e che accomuna tutte le parti politiche, a pensare che la colpa dei nostri mali sia la Germania, il suo surplus commercial­e e il suo egoismo che ostacola la solidariet­à tra Paesi. Oggi, guardando Venezia e l’ilva, questa analisi dei mali dell’italia sembra quanto mai campata in aria. Molti fronti sono aperti, quello che ho discusso ma anche la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità e la riforma del patto di Stabilità. C’è una nuova opportunit­à. Coglierla richiede chiarezza sulla visione da condivider­e per il lungo periodo ma anche compromess­i.

L’italia e la Germania oggi hanno posizioni divergenti su quasi tutti i fronti ma paradossal­mente sono Paesi che hanno molto in comune: la forza manifattur­iera e storici legami commercial­i. Inoltre sia noi che loro – abbiamo bisogno di affrontare divergenze regionali laceranti che richiedono politiche innovative per la crescita e la inclusione. Oggi più che mai è necessario un dialogo tra Italia e Germania.

Chiuderlo non conviene a noi e impedisce ogni progresso del progetto europeo.

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