IL DIALOGO CHE SERVE ALL’ITALIA
Pochi giorni fa, il ministro delle Finanze tedesco — Olaf Scholz — ha fatto una proposta coraggiosa per sbloccare il negoziato sull’unione Bancaria Europea. L’iniziativa è stata accolta dall’italia con scetticismo.
La cosa è stata poco enfatizzata dalla stampa nazionale mentre la stampa estera ha sottolineato l’opposizione dell’italia. In questi giorni di emergenza su vari fronti, non sorprende che da noi non se ne sia troppo parlato. Eppure il tema è importante per le sorti economiche dell’italia.
Anche se gli elementi singoli della proposta Scholz sono discutibili — e lo ha sottolineato il ministro Gualtieri all’eurogruppo — a mio avviso il messaggio è da accogliere positivamente. La Germania, o almeno una parte della sua leadership politica, rompe l’«impasse», accettando un principio che fino ad ora aveva combattuto solcando così un fosso tra la posizione dei Paesi come l’italia, con un rischio sovrano e bancario relativamente alto, e quella dei Paesi più solidi. Chiamiamola — semplificando — la posizione del Sud e del Nord.
Mentre il Nord ha finora sempre affermato che prima di introdurre forme di condivisione del rischio — come l’assicurazione europea sui depositi bancari — sia necessario che i Paesi fragili riducano il rischio, il Sud, ma anche la Commissione europea, ha difeso la posizione che la riduzione del rischio e la sua condivisione debbano procedere insieme.
Ebbene, Scholz rompe il tabù nordico e sposa la posizione del Sud. Riapre quindi la trattativa che si era ormai arenata per veti incrociati.
La novità del documento non sta tanto nelle singole proposte, ma nell’apertura al dialogo che manifesta, condizione necessaria per riaprire un negoziato politico e fare qualche passo avanti nella riforma dell’euro e in particolare dell’unione Bancaria.
Perché questa riforma è importante? Le aziende e le famiglie italiane hanno bisogno di credito e di servizi finanziari adeguati e, quindi, di un sistema bancario efficiente e integrato a livello europeo. Uno dei vantaggi dell’euro, ma in generale dell’integrazione europea, è appunto quello di favorire un mercato unico che attragga gli investitori per dimensione e liquidità. L’integrazione finanziaria, inoltre, è la condizione per far sì che la politica monetaria di Francoforte si trasmetta su tutto il territorio dell’eurozona in modo tale che le imprese italiane possano beneficiare delle stesse condizioni di finanziamento di quelle tedesche. Ma la riforma è importante anche per far sì che, in una possibile crisi, il fallimento di una o più banche sia adeguatamente affrontato, senza creare instabilità finanziaria e senza pesare sul portafoglio di contribuenti innocenti. Stiamo quindi parlando di qualcosa di vitale per favorire la crescita e la stabilità in Italia.
Il documento di Scholz apre all’idea di una assicurazione comune sui depositi bancari, ma soprattutto – e questo a mio avviso è ancora più importante per l’obiettivo del progetto — inoltra una serie di proposte per favorire le aggregazioni bancarie transfrontaliere e migliorare il meccanismo europeo di risoluzione delle crisi bancarie attribuendogli l’autorità di agire con tempismo. Questo significa procedere nella direzione del modello prevalente negli Stati Uniti dove la risoluzione non consiste solo nel principio di partecipazione alle perdite dei creditori (il bail-in) ma agisce per dare continuità alle funzioni essenziali che la banca fornisce ai propri clienti, al sistema finanziario e all’economia, limitando l’impatto sul bilancio pubblico.
Oggi il principio del bail-in — pur sacrosanto perché protegge i contribuenti — non è credibile e infatti non è stato mai messo in pratica. Abbiamo bisogno di riforme per renderlo più credibile ma anche di strumenti complementari che siano omogenei in Europa, così da evitare di fornire il pretesto ad una politica, troppo pronta a scaricare i costi delle crisi bancarie sui
contribuenti, a ricorrere a strumenti nazionali più flessibili che però sfiduciano e indeboliscono il mercato unico europeo. Il caso del fallimento delle banche venete insegna.
D’altro canto — è vero — la proposta del documento Scholz sulla assicurazione sui depositi non è molto ambiziosa, ma è un inizio di apertura e certamente un progresso rispetto alla chiusura totale che caratterizzava la posizione tedesca fino di recente.
Ma c’è un elefante nell’armadio. Ed è quello che preoccupa banchieri, regolatori e politici italiani.
Oggi i titoli di Stato detenuti dalle banche sono contabilizzati — tutti — come non rischiosi. La rischiosità di un titolo dello Stato italiano è prezzata egualmente a quella di un titolo sovrano tedesco. Le banche italiane hanno molti titoli sovrani del nostro Paese nei loro bilanci e egualmente le banche tedesche del loro. La conseguenza è che le banche italiane sono più esposte al rischio per via dell’alto debito pubblico. Per questo i tedeschi hanno sempre affermato che la condizione
per riforme che implichino una condivisione del rischio tra Paesi dell’unione dovesse essere un cambiamento delle regole volto a una contabilizzazione più realistica dei titoli di Stato nei bilanci bancari. Ma l’impatto per le banche italiane sarebbe molto costoso e da qui l’opposizione dell’italia e l’impasse della riforma.
Ma anche su questo la posizione di Scholz è più moderata di quella tradizionale tedesca. Il documento infatti propone un premio per la diversificazione che crei un incentivo per le banche a detenere pacchetti di titoli di Stati diversi, inclusi quelli italiani, e suggerisce inoltre una lunga fase di transizione. Questo limiterebbe il nesso rischio bancario-rischio sovrano. Ovviamente il diavolo è nei dettagli e certamente si può discutere di pregi e virtù di questa proposta ma l’importante è valutarla nel suo insieme e aprire un negoziato. Chiudere con un No è un errore politico.
C’è una tendenza dell’establishment italiano, che si è rafforzata in questi anni, e che accomuna tutte le parti politiche, a pensare che la colpa dei nostri mali sia la Germania, il suo surplus commerciale e il suo egoismo che ostacola la solidarietà tra Paesi. Oggi, guardando Venezia e l’ilva, questa analisi dei mali dell’italia sembra quanto mai campata in aria. Molti fronti sono aperti, quello che ho discusso ma anche la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità e la riforma del patto di Stabilità. C’è una nuova opportunità. Coglierla richiede chiarezza sulla visione da condividere per il lungo periodo ma anche compromessi.
L’italia e la Germania oggi hanno posizioni divergenti su quasi tutti i fronti ma paradossalmente sono Paesi che hanno molto in comune: la forza manifatturiera e storici legami commerciali. Inoltre sia noi che loro – abbiamo bisogno di affrontare divergenze regionali laceranti che richiedono politiche innovative per la crescita e la inclusione. Oggi più che mai è necessario un dialogo tra Italia e Germania.
Chiuderlo non conviene a noi e impedisce ogni progresso del progetto europeo.