«In canotto nel ’66 aiutavo gli anziani Oggi provo rabbia: siamo impreparati»
Baretta, sottosegretario al Mef: fondi dall’ue
ROMA «Sabato e domenica ero, come ogni weekend, a Venezia, la mia città, e credevo di aver visto il massimo. L’acqua era già molto alta. Invece, da martedì, il disastro».
Pier Paolo Baretta, 70 anni, sottosegretario all’economia, soffre insieme ai suoi concittadini, ma ha anche il dovere di rispondere, con tutto il governo, alle loro richieste.
La prima cosa che ha pensato?
«Mi è tornata alla mente la tragedia del 1966. Avevo diciassette anni, vivemmo giornate di paura, l’acqua continuava a salire e le radioline a transistor ci aggiornavano sull’alluvione di Firenze. Sembrava l’apocalisse. Con un vicino di casa gonfiammo il canotto e andammo a soccorrere nelle case le persone anziane. Allora c’era angoscia, disperazione. Ora c’è un senso di impotenza e di rabbia, perché rispetto al ‘66 c’è una aggravante».
Quale?
«Che allora eravamo impreparati, ora in teoria no. E invece siamo stati colti di sorpresa dalla dimensione dell’acqua alta e dalla frequenza. Il che mi fa pensare che potrebbe non essere più un fenomeno eccezionale. Del resto, ci sono autorevoli studi sul fatto che basta un aumento della temperatura di un paio di gradi perché dal Polesine al litorale adriatico vada tutto sotto il livello dell’acqua. Se ci fosse stato almeno il Mose in funzione non avremmo avuto questa tragedia».
Il Mose avrebbe fermato l’acqua alta?
«No, ma sarebbe stata in parte arginata. A Venezia il problema non è l’acqua alta, con la quale conviviamo, ma il livello che ha raggiunto ora».
Per il Mose sono già stati spesi 5,5 miliardi ma non è ancora in funzione. Di chi è la colpa?
«La colpa è di tutti, inutile fare strumentalizzazioni su questa tragedia. Meglio riflettere sugli errori commessi».
Quello più grave?
«Sono anni che vado ripetendo che bisognava superare la fase del commissariamento. Era nata giustamente dopo lo scandalo delle tangenti del
Chi è
● Da giovane è stato operaio a Porto Marghera. Sindacalista, è stato segretario nazionale aggiunto della Cisl e due volte deputato eletto con il Pd 2013. Ma l’errore è stato non aver separato la gestione dello scandalo da quella dei lavori, che già allora erano a buon punto. Se li avessimo continuati avremmo avuto il Mose già in funzione».
Invece i commissari non sono stati in grado di azionare il Mose neppure parzialmente, martedì. E ora ne avete nominato un altro, Elisabetta Spitz.
«Adesso serve, per far ripartire e concludere i lavori. Poi dobbiamo subito costituire la società di gestione del Mose e decidere quale autorità abbia il potere di spingere il bottone. Secondo me deve essere il sindaco, cioè chi rappresenta la collettività».
C’è chi dice che il Mose, un progetto che risale a più di trent’anni fa, sia superato.
«L’opera è stata realizzata per oltre il 90%. Che facciamo, annulliamo tutto? Io non so se sia superato. Di certo se fosse stato in funzione non avremmo avuto il livello di acqua alta di questi giorni. Poi è chiaro che ci vorrà un intervento più ampio e di lungo periodo, per mettere in sicurezza tutta l’area in relazione alle conseguenze dei cambiamenti climatici di cui parlavo prima».
Il conto dei danni?
«Attendiamo le stime della Protezione civile. Sicuramente siamo nell’ordine di centinaia di milioni, per ora».
Cosa farà il governo?
«Abbiamo disposto un primo stanziamento di 20 milioni per l’emergenza. Ci saranno indennizzi anche ai privati, e questa è una novità. I parlamentari veneziani presenteranno numerosi emendamenti alla manovra. Li valuteremo, sapendo che ci sono tre aree da coprire: i danni ai monumenti, quelli a famiglie e imprese, quelli al territorio circostante».
Sono in arrivo altri provvedimenti per l’emergenza?
«Sicuramente verranno sospesi i tributi a Venezia e nell’area circostante. Poi spero che ci sia anche una mobilitazione dei privati, non solo in Italia, perché la città è un patrimonio mondiale».
Il governo chiederà risorse anche all’unione europea?
«Penso proprio di sì, ci sono tutti i presupposti».
Le barriere «Andava superato il commissariamento: i lavori erano avanzati, dovevano terminare»