Zingaretti: diamo speranza al Paese Nel partito cresce il fronte pro voto
L’evento a Bologna. Orlando: con i 5 Stelle così non dura. Franceschini: no, bisogna insistere
Quattro giovani grazie ai social sono riusciti a mobilitare dodicimila persone a piazza Maggiore. Il Pd, che ieri ha dato il via alla sua tre giorni bolognese, li guarda con ammirazione e un pizzico di invidia. Il loro exploit semina nuovi dubbi in un partito che dovrebbe trovare qui la sua nuova identità e fatica nella ricerca. Gianni Cuperlo, l’organizzatore dell’assemblea dem, preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno quando ammette, parlando con qualche compagno di partito: «Il Pd non è più autosufficiente, ma è un bene che si apra alle esperienze civiche».
Insomma, questa deve essere la nuova strada. L’ha imboccata qui in Emilia-romagna Stefano Bonaccini con le sue liste per le Regionali. L’ha aperta Nicola Zingaretti prima alla Regione Lazio, e ora il segretario tenta di esportare questa esperienza su scala nazionale.
Ma le dodicimila «sardine» di piazza Maggiore spingono il Pd a interrogarsi su un altro punto di non poco conto. Questa avventura nel governo con il riottoso alleato grillino non sta forse contribuendo ad allontanare il Pd dagli elettori? Nessuno nella sala del palazzo Re Enzo dove si svolge l’iniziativa dem dice che bisogna andare alle elezioni, ma l’idea che prima o poi ci si arrivi — senza che formalmente il Pd sia il responsabile — viene accarezzata da molti. Andrea Orlando continua a dire ai colleghi di partito che «se si va avanti così non può durare». Nicola Zingaretti con il cellulare scambia messaggi in cui sembra quasi giustificarsi della scelta fatta: «Non potevo fare altrimenti», confida a parlamentari e amici.
Insomma, un pezzo del Pd, e si tratta di un pezzo importante, non riesce a vedere il voto come una sciagura. Ma c’è un altro pezzo, rilevante anch’esso, che non demorde. Il suo rappresentante è Dario Franceschini, che sale sul palco proprio per rivendicare la scelta compiuta. Il ministro della Cultura sottolinea che la democrazia italiana è ancora «a rischio». Cita Matteo Salvini ed evoca Benito Mussolini che voleva «trasformare la paura in odio», e poi aggiunge, scandendo bene le parole: «Abbiamo il dovere di governare insieme». Una preoccupazione condivisa da Zingaretti: «La cultura dell’odio si sconfigge con la speranza, costruendo un’altra proposta per questo Paese».
Ma Franceschini va anche oltre. Spiega perché bisogna continuare a cercare la collaborazione con i 5 Stelle e non mollare la presa: «Dobbiamo insistere, non ci dobbiamo fermare di fronte ai rifiuti. Lo sapevamo dall’inizio che era difficile». Il ministro della Cultura crede ancora che «l’evoluzione dei 5 Stelle» sia possibile e ritiene che sia «inspiegabile» non fare accordi locali. Insomma, «la missione è allargare il campo democratico». E allora chi, anche tra gli stessi dem, critica un certo eccesso di timidezza del Pd sbaglia: «Non è timidezza ma è la prudenza di chi ha sulle spalle il destino di tutto il Paese», ricorda Franceschini a quanti nel suo partito sotto sotto tifano per le elezioni anticipate. Dunque, il Pd è diviso sulle prospettive di questa legislatura, ma c’è un elemento che accomuna tutti in questa sala: il rancore per Matteo Renzi, per i suoi atteggiamenti e le sue scelte. «Ci ha lasciato al 18 per cento e ora ci vuole annientare», ironizza Cuperlo. «La legge di bilancio — tuona Franceschini — si cambia solo per quelle cose su cui la maggioranza è d’accordo, non cercando accordi con gli avversari per fare dispetti agli alleati». Il ministro del governo Conte è molto critico nei confronti della «maniacale ricerca di visibilità tutta indirizzata alla ricerca di consenso personale» di Renzi.
Il risentimento verso il leader di Italia viva è un ottimo collante, ma non basta a rilanciare il Pd. Oltre alla «prudenza» ci vuole anche qualche slancio. Probabilmente anche per questa ragione Franceschini riprende con forza un cavallo di battaglia dei dem: «Vogliamo lo Ius culturae — quasi grida dal palco — e non ci fermeremo».
La piazza anti Salvini
Cuperlo: «Il Pd non è più autosufficiente, è giusto che si apra ad esperienze civiche»