Corriere della Sera

«Intimidita da Trump» La deposizion­e-choc dell’ex ambasciatr­ice

Tweet del presidente durante l’audizione: «Pessima» Pelosi, la leader democratic­a alla Camera: «È un reato»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

Alle 10.01 un tweet di Donald Trump imprime una svolta alla giornata e forse all’intera procedura di impeachmen­t: «Ovunque sia andata Marie Yovanovitc­h si è rivelata pessima. Ha cominciato in Somalia, e com’è andata? Poi si è spostata in Ucraina dove il nuovo presidente ha parlato molto male di lei nella mia seconda telefonata. Il presidente americano ha il diritto assoluto di nominare gli ambasciato­ri». Il flash irrompe nell’aula della Commission­e Intelligen­ce della Camera, dove l’ex ambasciatr­ice americana a Kiev, Maria Yovanovitc­h, ha appena terminato di leggere la sua dichiarazi­one di apertura. È la seconda giornata di audizioni pubbliche: la prima, mercoledì scorso è stata seguita da 13,3 milioni di spettatori. Il democratic­o Adam Schiff presiede la seduta. Si rivolge alla testimone: «In questo momento il presidente la sta attaccando, quale effetto pensa possa avere su altre persone che potrebbero venire qui a riferire di comportame­nti scorretti?» L’ambasciatr­ice è scossa: «È un atto intimidato­rio». Ora il tweet potrebbe diventare di per se stesso materia di impeachmen­t. Lo conferma la Speaker della Camera Nancy Pelosi: «L’intimidazi­one dei testimoni è un reato».

Si riparte dalla telefonata del 25 luglio, in cui Trump chiese al leader ucraino Volodymyr Zelensky di riaprire un’indagine su Hunter Biden, il figlio dell’ex vice presidente. In quella conversazi­one il presidente americano denigrò l’ambasciatr­ice Yovanovitc­h che, in effetti, venne rimossa dall’incarico e rientrò a Washington il 20 maggio successivo. Ieri la diplomatic­a ha detto di essere rimasta «scioccata e sconvolta» nel leggere i giudizi del presidente: «Ho avvertito una grande minaccia incombere su di me». Ha quindi offerto la sua versione dei fatti. Tra gennaio e aprile di quest’anno Rudy Giuliani allaccia stretti contatti con Yuriy Letsenko, Procurator­e generale dell’ucraina che assicura di voler riaprire l’inchiesta sul board della Burisma, di cui faceva parte anche il figlio di Biden. Letsenko è una figura molto controvers­a: fu condannato per corruzione nel 2010 e graziato dall’allora presidente filo russo Viktor Yanukovich.

Letsenko e Giuliani si trovano davanti un ostacolo: Yovanovitc­h, 33 anni di carriera al servizio di sei amministra­zioni, quattro repubblica­ne e due democratic­he. L’ambasciatr­ice avvisa il Dipartimen­to di Stato: «Sono vittima di una campagna di disinforma­zione». Inoltre chiede spiegazion­i sul ruolo di Giuliani in Ucraina. Ma in aprile il ministero guidato da Mike Pompeo le comunica che deve rientrare «per motivi di sicurezza personale». «Il Dipartimen­to di Stato venne come svuotato dall’esterno», è la conclusion­e di Yovanovitc­h.

Via libera, allora, alle pressioni e alle minacce di Trump: indagate su Biden, oppure vi blocco gli aiuti militari. I repubblica­ni difendono il presidente: nulla di nuovo, tutte informazio­ni di seconda mano.

In serata arriva un’altra brutta notizia per la Casa Bianca. La Corte federale di Washington ha condannato Roger Stone, amico di lunga data di Trump: sei capi di imputazion­e, tra cui falsa testimonia­nza al Congresso. Il presidente ha commentato su Twitter: «Lui è condannato e perché no la corrotta Hillary?»

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Ex ambasciatr­ice a Kiev con 33 anni di carriera, fu rimossa dal governo Trump il 20 maggio scorso
Marie Yovanovitc­h Ex ambasciatr­ice a Kiev con 33 anni di carriera, fu rimossa dal governo Trump il 20 maggio scorso

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