Il generale e i carabinieri condannati «Hanno tradito l’arma e la verità»
Parla l’ex comandante Gallitelli, in carica quando Cucchi morì. La polemica tra Ilaria e Salvini
ribadire solidarietà alla famiglia della vittima, s’è costituito parte civile nel processo sui depistaggi.
La parola chiave è «tradimento» dei doveri e dei valori dell’arma. Addebitato ai responsabili (seppure ancora solo nel giudizio di primo grado) sia della morte di Cucchi
— i carabinieri Raffaele D’alessandro e Alessio Di Bernardo — sia a chi ha sottoscritto i falsi contenuti nel verbale d’arresto del detenuto: il maresciallo ex comandante di stazione Roberto Mandolini e Francesco Tedesco, che confessò di aver assistito al pestaggio con nove anni di ritardo (le false testimonianze commesse durante il processo agli agenti penitenziari poi assolti, invece, sono state giudicate non punibili dalla Corte d’assise). Ma in un Paese dove la macchina della propaganda elettorale è sempre in moto, la sentenza finisce per alimentare anche le immancabili polemiche politiche.
L’ex ministro dell’interno e leader della Lega Matteo Salvini non fa in tempo a esprimere vicinanza ai Cucchi che aggiunge: «Questo dimostra che la droga fa male, sempre e comunque, e io combatto lo spaccio di droga, sempre e comunque». Una postilla che solleva l’indignazione di Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano con cui il capo leghista aveva già battibeccato quando disse che un suo messaggio su Facebook «faceva schifo». Ieri Ilaria ha replicato: «Che c’entra la droga? Salvini perde sempre l’occasione per stare zitto», annunciando la possibilità di querelare l’ex ministro.
La famiglia di Stefano non ha mai negato che avesse avuto in passato problemi di droga, né che fosse uno spacciatore. La sera dell’arresto Cucchi, sorpreso a cedere due
La polemica
I Cinque Stelle contro l’ex vicepremier: «Ora si deve scusare con la famiglia»
«canne» a un amico, aveva con sé 20 grammi di hashish e 2 di cocaina. Ma soprattutto, all’indomani del decesso sono stati i genitori a scoprire, nella casa in cui abitava da solo, oltre un etto di cocaina e quasi un chilo di hashish, non recuperati dai carabinieri. Potevano distruggere la droga e nessuno ne avrebbe saputo niente, invece l’hanno consegnata alla polizia, di fatto denunciando il figlio dopo la sua morte. Avvenuta — secondo la sentenza di giovedì — come conseguenza del pestaggio, che nulla aveva a che vedere con lo spaccio.
La frase di Salvini ha riacceso lo scontro con gli ex alleati del Movimento Cinque Stelle: Luigi Di Maio e Nicola Morra lo invitano a chiedere scusa alla famiglia Cucchi, mentre la sindaca di Roma Virginia Raggi definisce «vergognose le parole di Matteo Salvini su Stefano Cucchi».