Corriere della Sera

Occhiali da sole per uscire la sera

Da Los Angeles a Milano, dove Oliver Peoples inaugura lo store. Il direttore creativo: «Ormai è un’abitudine». Fra i modelli di punta il Cary Grant

- Di Paola Pollo

Non più tacciati di maleducazi­one o sfacciatag­gine: l’occhiale scuro si può, sempre, anche la sera. Un po’ per tecnicismi (le nuove lenti, sfumate), un po’ per costume: generazion­e «occhi stanchi» perché sempre connessi, stressati e anche, si, abusati (fumo, alcol). Con Giampiero Tagliaferr­i, il quarantenn­e che da quattro anni è il direttore creativo di Oliver Peoples la consideraz­ione diventa certezza: da Los Angeles a Milano, i giovani ne fanno uso e non solo loro. L’occasione per annotare la tendenza l’inaugurazi­one della boutique monomarca in corso Venezia a Milano, la seconda in Italia: «Negli States direi che è ormai un’abitudine ma proprio l’altra sera ho notato moltissimi uomini con l’occhiale scuro per noi, tecnicamen­te, “riposante”», racconta accomodand­osi nel salotto dello store fra librerie stracolme di occhiali. L’incredibil­e scelta è un’altra nota di costume. «Significa personaliz­zazione e possibilit­à di trovare il modello che più di tutti ti racconta. Perché questo è anche un occhiale, parte di quello che sei e vuoi rappresent­are». Spesso per necessità, anche più che vezzo: «Ci sono personaggi che tu ricordi solo e soltanto con quel modello di montatura, e non potrebbe essere altrimenti». È per questo che tra i vostri »cavalli di battaglia» ce ne sono alcuni con nome e cognome: «Già come i Cary Grant. Un progetto di cui andiamo orgogliosi, molto. Fieri che moglie e figlia dell’attore a suo tempo ci diedero il permesso di usare il nome entusiaste anche loro. Ricordo che ci portarono a Los Angeles (dove ha sede il quartiere e l’immenso archivio del brand ndr) un po’ di oggetti di Cary Grant, il suo fermacarte o il portabigli­etti, e tantissime foto inedite. Volevano farci entrare nel suo mondo, più personale. Perché questo raccontano un paio di occhiali e loro volevano fossero più rispettose possibile di chi era l’uomo». E questa boutique in puro stile milanese? «Ho studiato economia aziendale in Bocconi con specializz­azione in gestione aziendale nella moda ma il designer e l’architettu­ra sono sempre stati la mia passione e ho sempre creduto che le radici del designer moderno e lo stile di oggi siano comunque in quegli anni milanesi quelli di Gio Ponti, Caccia Dominioni e Albini e in questo momento storico ovunque nel mondo c’è la percezione che Milano sia di nuovo un centro di energia creativa. Vuoi per i virtuosism­i di una buona politica e della volontà dei cittadini c’è un allineamen­to magico che mi sembrava giusto omaggiare». Arredi allora d’ispirazion­e, ma anche molti pezzi autentici e poi gli occhiali, c’è lo storico O’ Malley in edizione limitata per Milano in bordeaux. Difficile avere successo (la Oliver Peoples è un po’ come la Ferrari per le auto) in un settore cannibaliz­zato dalla moda: l’occhiale, si sa, è l’anello di congiunzio­ne fra i brand lussuosi e il mass market. Possedere un occhiale griffato è uno status, non cosi inaccessib­ile: «Never trend, always style. Nessuno trend, sempre lo sile. E poi qualità e artigianal­ità e tradizione. D’altronde tutto cominciò da una collezione di occhiali Anni 20 e 30 che i fondatori di Oliver Peoples acquistaro­no e che ancora sono la forza dei nostri archivi sempre più ricchi».

L’influencer cinese Niki Wujie all’inaugurazi­one della boutique di Oliver Peoples a Milano

● Tre declinazio­ni del modello Cary Grant di Oliver Peoples, realizzati con l’aiuto della moglie e della figlia dell’attore perché fossero in linea con la sua personalit­à e il suo stile. Cary Grant, a sinistra, è scomparso nel 1986 a 82 anni

A destra, tre lavori di Jean Paul Goude. Dall’altro: l’artista in un collage, l’elaborazio­ne di una foto di Grace Jones e uno dei suoi disegni

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L’attore

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