Le barche più belle nascono in un’ex chiesa
Nell’atelier di Tommaso Spadolini: così un luogo di culto è diventato un moderno «coworking»
Sul piccolo sagrato, la chiesa, estensione di quello che sembra un complesso conventuale, quasi non si nota. Facciata sobria, nessun portale ma un piccolo ingresso, e se non fosse per la scritta niente indicherebbe che questa è la sede di uno studio di architetto.
«In origine era la chiesa seicentesca dei santi Agostino e Cristina, già sconsacrata nell’ottocento e poi caduta in abbandono, dopo essere stata trasformata in deposito e garage del convento qui accanto, quando fu ristrutturato e diviso in appartamenti», racconta Tommaso Spadolini, uno tra i più importanti architetti navali internazionali, che in questa ex chiesa ha il suo studio in coworking.
Siamo a Firenze, nella parte collinare del quartiere Oltrarno, enclave tranquilla malgrado ci si trovi ancora nel centro storico: «Prima il mio studio era in una vecchia limonaia sulla collina Spadolini, residenza da sempre della mia famiglia», spiega lui, erede di una tradizione nell’architettura (al padre Pierluigi si devono i progetti di importanti edifici pubblici in tutta Italia e del design di superyacht), «Poi gli ambienti stretti e la lontananza dal centro non mi erano più funzionali e ho colto al volo l’occasione di venire qui, in condivisione con l’azienda di cui è socia mia moglie e il cui fondatore è mio amico carissimo».
A lui, racconta, si deve il restauro e la trasformazione della chiesa da luogo abbandonato a spazio vivo: «Un recupero rispettoso: il pavimento originale in cotto seppellito sotto tre strati di cemento, riportato alla luce; i pochi dipinti sopravvissuti alle razzie, restaurati; le nicchie che nascondevano degli accessi, lasciate intatte e rese funzionali come scaffali».
Questa la situazione all’arrivo di Spadolini, insediatosi con i suoi collaboratori in una porzione della navata, divisa da una struttura autoportante aperta. «Qui assieme a loro avviene l’implementazione tridimensionale dei progetti, ma il mio lavoro si sviluppa lì», dice mostrando accanto all’abside una cappella attrezzata a ufficio. Sovrastato dal dipinto di un martire, un grande tavolo è popolato da foto di famiglia, premi, cimeli nautici, libri, appunti, insomma tutto quello di solito si trova su una scrivania: «Qui incontro i clienti, ma il progetto vero e proprio nasce su quei fogli di carta», dice indicando a poca distanza un tavolino rischiarato da una lampada di design. Squadre e matite, gli attrezzi del mestiere, ma nessun device: «Computer e mouse non potranno mai sostituire l’immediatezza dell’occhio e la mano del progettista», afferma, mentre ricorda quando da piccolo accompagnava il padre dai clienti, ascoltandolo discutere i progetti mentre assorbiva i primi rudimenti da architetto.
Non si pensi però che un ufficio in chiesa sia costrittivo, e lo si vede entrando nella ex sacrestia nascosta dietro l’altare principale: sala riunioni ma anche stanza delle passioni comuni di Spadolini e dell’amico (e «padrone di studio») Maurizio Baschi. «Doveva essere l’archivio, invece è diventato il nostro regno», dice compiaciuto mostrando gli aerei giocattolo, le raccolte di riviste, i dischi in vinile, le stampe e i volumi d’epoca. Sono solo suoi i modellini antichi di scale («Erano di mio padre, a lui devo l’idea che un’architettura non è completa se non ha una scala»), dell’amico Maurizio le trouvailles di ogni epoca e genere: «Il tabernacolo ricavato da un mobile asiatico scovato chissà dove, un vecchio divano Chester, la macchina per scrivere meccanica: sono i suoi divertimenti da raccoglitore».
Progettare barche in chiesa sembrava una scommessa impossibile, invece il bilancio è più che positivo: «Spesso mi ritrovo a venire qui a disegnare persino alla domenica: mi dà un senso di tranquillità». La stessa calma che contagia i suoi clienti: «In cantiere discutono animatamente, ma quando arrivano in chiesa si rasserenano. Il luogo trasmette stupore e reverenza: nessuno alza la voce e tutto diventa facile». Perché anche una barca può essere ispirata dal senso di sacralità.
Trasformazione L’edificio fiorentino del ‘600 è stato sottoposto a un intervento di restauro conservativo
Passioni comuni L’ufficio in un tempio non è costrittivo: vicino alle scrivanie ci sono vinili, riviste e modellini