Corriere della Sera

La difesa di Sun Yang «Temevo un tranello e ho rotto le provette»

Il nuotatore rischia 8 anni, ma tutta la Cina sta con lui

- Marco Bonarrigo

«Solo dopo che il medico mi aveva prelevato il sangue ho realizzato che il suo assistente e un’infermiera non avevano i tesserini di identifica­zione. Così ho reagito». Come reagisca Sun Yang (27 anni, due metri per 89 chili) lo sa bene chi l’ha visto avventarsi sull’inglese Scott per aver rifiutato di salire sul podio con lui agli ultimi Mondiali di nuoto, dove il cinese aveva conquistat­o il 12° oro di una carriera leggendari­a. Dopo il prelievo antidoping (test a sorpresa lo scorso settembre nella sua casa della provincia di Zhejiang, in Cina) Sun ha fatto polverizza­re le provette con un martello dalla sua guardia del corpo.

Ieri, le 10 ore della seconda udienza pubblica della storia del Tribunale di Arbitrato Sportivo non hanno deluso le

Mondiali di Gwangju. Sun Yang chiede spiegazion­i all’inglese Duncan Scott al termine delle cerimonia di premiazion­e dei 200 sl. Scott si era rifiutato di salire sul podio al fianco del campione cinese (Ap). attese. Le porte del Tas si sono aperte su richiesta del dio cinese dello sport che ha sfidato davanti a tutti l’agenzia Mondiale Antidoping (Wada) che vuole (essendo lui recidivo per positività a uno stimolante) squalifica­rlo 8 anni. Una battaglia tesa e surreale per via di traduzioni sballate e auricolari fuori sincrono, ma gestita con polso fermo dal presidente, l’italiano Franco Frattini.

«Sun, perché ha martellato le provette?» gli ha chiesto l’avvocato Wada. «Perché — ha ringhiato il colosso — temevo un tranello». Tesi supportata dal perito medico di parte, arrivato a sostenere che «in Cina un infermiere che gira senza tesserino rischia il carcere». Attorno a Yang si è innalzato un muro grazie a medici e funzionari cinesi, uomini della federazion­e nazionale e internazio­nale e alla mamma del campione, presente in aula per testimonia­re fattezze e movenze sospette della povera infermiera.

È andato su tutte le furie Richard Young, l’avvocato della Wada: «Il regolament­o è chiaro: durante un controllo a sorpresa solo il medico deve esibire tesserino e mandato. E quello che si è presentato da Yang l’ha fatto. Se tutti distrugges­sero le prove trovando poi una giustifica­zione, l’antidoping sarebbe morto».

Gli arbitri impieghera­nno mesi a decidere la sorte di Yang. Lui ha chiuso il dibattimen­to sfidandoli a pubblicare il video del controllo — girato, pare, da mamma — per mostrare di non aver nulla da nascondere. Il Tas ha detto no, ma ha giurato che lo visionerà e ne terrà conto. La sfida della Wada non è contro Sun Yang ma contro tutta la Cina, che impazzireb­be a vedere il suo eroe fuori dai Giochi di Tokyo.

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Sun Yang durante l’udienza davanti al Tas, il Tribunale arbitrale dello sport, tenuta in un albergo di Montreaux (Ap)
A giudizio Sun Yang durante l’udienza davanti al Tas, il Tribunale arbitrale dello sport, tenuta in un albergo di Montreaux (Ap)
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