«L’italia? Non capisco i timori Il vostro debito è sostenibile»
Il capo del Mes, Regling: il vero rischio per il Paese è la scarsa crescita
LUSSEMBURGO È stupito il tedesco Klaus Regling dalla reazione italiana alla riforma del Mes che sarà oggi sul tavolo dell’eurogruppo, la riunione dei ministri finanziari dei Paesi che hanno adottato la moneta unica. Regling è alla guida del Meccanismo europeo di stabilità fin dalla sua istituzione nel 2011, e prima è stato Ceo del fondo salva-stati Esfs creato nel 2010 quando scoppiò la crisi del debito sovrano. Il primo Paese a essere aiutato è stata la Grecia (due volte). «Non è un accordo controverso — spiega in un incontro con la stampa —. Abbiamo lavorato più di un anno, una prima intesa è stata trovata nel dicembre 2018 e poi a giugno 2019. Il Mes si rafforza ma questo non significa che aumentino le possibilità di ristrutturazione del debito pubblico di uno Stato. Ci sono altri temi più controversi, come la creazione di un’assicurazione europea sui depositi», per la quale un accordo sembra più lontano.
Dopo aver spiegato a cosa serve la riforma, ovvero da un lato a rafforzare il ruolo del Mes accanto alla Commissione Ue nei programmi di assistenza finanziaria a uno Stato in difficoltà di grandi dimensioni e dall’altro a farlo diventare il paracadute finale comune (backstop) del fondo di risoluzione unico delle banche, Regling ha sgombrato il campo da possibili speculazioni: «Non mi aspetto che l’italia abbia bisogno di noi. Non ha mai perso l’accesso al mercato nemmeno al culmine della crisi. La riforma del Mes serve per poter intervenire anche in aiuto dei Paesi più grandi ma non sto parlando dell’italia». E alla domanda se consideri il nostro debito pubblico sostenibile, Regling ha risposto che «non c’è un rischio immediato, il debito in rapporto al Pil è circa lo stesso di 8–10 anni fa. Il problema dell’italia è la crescita bassa, ma questo già da prima dell’unione
L’assicurazione
Il tema più controverso è la creazione di un’assicurazione europea sui depositi
monetaria. Il problema è il denominatore nel rapporto debito/pil». A favore della sostenibilità gioca anche il fatto che ora il rifinanziamento del debito italiano costa molto meno di quanto costasse negli anni della crisi.
In Italia c’è chi vede con preoccupazione anche il fatto che il Mes, che è considerato un organo tecnico, siederà al tavolo dei creditori accanto alla Commissione Ue, che invece è un’istituzione politica,
per negoziare i programmi di salvataggio. Ma per Regling il contributo del Mes è anche quello di portare la prospettiva dei creditori: «Questa è la nostra vita, siamo creditori di cinque Paesi (Grecia, Irlanda, Portogallo, Cipro, Spagna, ndr) e in futuro di altri. La nostra prospettiva, che è quella di chi presta denaro, è completata dalla nostra conoscenza del mercato, perché siamo nel mercato ogni giorno e abbiamo anche un lato da investitore che la Commissione non ha. Il Mes e la Commissione portano al tavolo le proprie competenze che sono diverse». Ma la collaborazione è stretta. Infatti ha spiegato che il Mes «non pubblica analisi di sostenibilità del debito indipendenti» ma lavora con la Commissione, perché «sarebbe un doppio lavoro e farebbe confusione». Quanto alle regole per l’attivazione delle «clausole di azione collettiva» (Cac) negli eventuali casi di ristrutturazione del debito sovrano di uno Stato membro, «c’era già un accordo due anni fa per cambiarle» e renderle più semplici. Le vecchie regole richiedono una doppia maggioranza per ottenere il via libera della platea degli azionisti alla ristrutturazione di un debito sovrano mentre con le nuove regole basterà una maggioranza unica.
Non è stato ancora sciolto il nodo della valutazione del rischio dei titoli di Stato nei bilanci delle banche: «L’errore — per Regling — è stato fatto trent’anni fa con Basilea 1 che ha attribuito rischio zero ai bond sovrani. Ma ora le cose sono cambiate. C’è discussione su questo però per il momento non c’è la soluzione».