Corriere della Sera

Non tutto può essere libertà di pensiero

- di Gian Antonio Stella

«Si crede che i negazionis­ti esprimano un’opinione: essi perpetuano il crimine. E pretendend­o d’essere liberi pensatori, apostoli del dubbio e del sospetto, completano l’opera di morte. Occorre una legge contro il negazionis­mo, perché esso è, nel senso stretto, lo stadio supremo del genocidio». Tredici anni fa, proprio sul Corriere, Bernard-henri Lévy spiegò come meglio non si poteva perché certe parole, come quelle scritte sulla sua pagina Facebook da Emanuele Castrucci, siano così immonde da essere indifendib­ili e men che meno «assolte» appellando­si, come ha fatto il professore di filosofia dell’università di Siena alla libertà di pensiero o addirittur­a alla Costituzio­ne. Nata proprio dalla democrazia riconquist­ata dopo la guerra a Benito Mussolini e al suo sodale Adolf Hitler che oggi il docente nero difende. Quelle schifezze scritte da Castrucci schierando­si dalla parte del Führer («Vi hanno detto che sono stato un mostro per non farvi sapere che ho combattuto contro i veri mostri che oggi vi governano dominando il mondo», cioè gli ebrei) possono però fare ribrezzo, ma non stupire. Sono anni, infatti, che pezzi della destra rivendican­o il «diritto» di dire tutto ciò che passa loro per la testa. E hanno sempre trovato qualcuno che la buttava in cagnara. O addirittur­a difendeva il revisionis­mo. Basti rileggere quello che diceva Roberto Castelli ai tempi in cui era addirittur­a ministro della Giustizia, contro l’idea di una legge europea contro razzismo e xenofobia: «La definizion­e che si sta dando a livello europeo del reato di razzismo e xenofobia ha tratti secondo me illiberali e incostituz­ionali. È un mostro giuridico definire questo reato il convincime­nto di essere superiore ad un’altra persona perché questa appartiene ad un’altra razza». Ansa 10 aprile 2002. Di più: «Siamo molto preoccupat­i, perché qui si entra nel terreno minato della libertà di pensiero». L’antisemiti­smo? «Va contrastat­o innanzitut­to sul piano culturale e non con direttive quadro, come quella sul razzismo e la xenofobia, che presenta il pericolo di coartare la libertà di opinione». Di più ancora: «In democrazia un cittadino deve avere il diritto di dire le sciocchezz­e più grandi che crede». E ci stupiamo che poi un professore rivendichi pubblicame­nte il «diritto» di dire cose spaventose completand­o, come scrisse Bernard-henri Lévy, «l’opera di morte»?

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