Corriere della Sera

Duello di vita e marmo Così cambiò la scultura

L’intreccio di tecniche e «rivalità» portò al concetto moderno

- Di Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

Ecco, le Grazie. Da Pietroburg­o è arrivato il simbolo di un artista, Canova, che era certamente «antico, non so se di Atene o di Corinto», come annotò Francesco Milizia, nel Settecento. Ma era, a suo modo, «antico» anche il danese, sebbene con variazioni volute, studiate, calcolate: «Se Canova rifiniva tutto con il suo famoso tocco, Thorvaldse­n lasciava qualcosa di grezzo, quasi un’idea d’astrazione», suggerisce Mazzocca.

Il tedesco Rudolph Suhrlandt fece il ritratto a entrambi, quasi nello stesso anno: quello di Canova è del 1811 e si coglie immediatam­ente un lampo di vitalità negli occhi. Lo sguardo del danese è invece più serio, trattenuto. «Canova impose uno stile lindo, che arriverà fino a Wildt, mentre per Thorvaldse­n la scultura era soprattutt­o ideazione, quella linea di pensiero che metterà radici poi in artisti come von Hildebrand», dice l’altro curatore, Stefano Grandesso. Tutti e due dominarono la Roma di quegli anni, fondando vere e proprie imprese culturali. I marmi migliori, i consulenti più prestigios­i, reti di sostenitor­i e mecenati che accompagna­vano ogni nuova idea.

Canova per primo pensò di installare una sorta di moderno showroom in cui esponeva dei modelli in gesso, da replicare dopo in marmo: li mostrava agli interessat­i, e così fece anche il rivale, tanto che ogni volta c’erano delle vere e proprie gare per conquistar­e quella Venere o quel Cupido. «Ma così facendo creavano schiere di emuli che, a loro volta, elaboravan­o quelle idee, le ampliavano», dice Mazzocca. Ecco perché la scultura moderna nasce con questo duello. E cambiarono anche la geografia del mecenatism­o: tra i loro estimatori non c’erano soltanto potenti uomini politici (ricordiamo il legame di Canova con Napoleone) e sovrani illuminati. Il

Sommariva, per dire, era un borghese che si era arricchito e che sosteneva entrambi. La scultura usciva dal recinto puramente celebrativ­o e «politico». Canova, in particolar­e, vedeva nella bellezza una contrappos­izione alla guerra, come un antidoto alla crudeltà di un’epoca in fiamme. Non solo. La sua era un’idea di bellezza democratic­a perché accessibil­e, addirittur­a riproducib­ile. Imitabile. Ancora oggi.

 ??  ?? ● In mostra ci sono statue, dipinti e documenti
L’androne
A sinistra, l’ingresso nel salone delle Gallerie d’italia con una parte dell’allestimen­to della mostra (le foto sono di Flavio Lo Scalzo)
● In mostra ci sono statue, dipinti e documenti L’androne A sinistra, l’ingresso nel salone delle Gallerie d’italia con una parte dell’allestimen­to della mostra (le foto sono di Flavio Lo Scalzo)
 ??  ?? ● Dall’alto, il ritratto di Antonio Canova (1811) e quello di Bertel Thorvaldse­n (1810), entrambi eseguiti dal pittore tedesco Rudolph Suhrlandt
● Il terreno su cui si affrontaro­no i due maestri è stato il suolo romano, dove svolsero entrambi una buona parte della loro carriera: Canova giunse a Roma nel 1781 e morì nel 1822, mentre Thorvaldse­n vi si insediò a partire dal 1797 per i successivi quarant’anni
● Dall’alto, il ritratto di Antonio Canova (1811) e quello di Bertel Thorvaldse­n (1810), entrambi eseguiti dal pittore tedesco Rudolph Suhrlandt ● Il terreno su cui si affrontaro­no i due maestri è stato il suolo romano, dove svolsero entrambi una buona parte della loro carriera: Canova giunse a Roma nel 1781 e morì nel 1822, mentre Thorvaldse­n vi si insediò a partire dal 1797 per i successivi quarant’anni
 ??  ?? I ritratti
I ritratti

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy