Dieci anni in un film
Quale titolo italiano rappresenta il periodo 2010-2019? Da «La grande bellezza» a «Il traditore»: a voi la scelta
Al buio, circondati da decine di persone che non si conoscono, su uno schermo enorme, credendo in chi finge di amare e odiare, ridere e piangere, abitando vite non loro, cercando una verità d’attore. Il rito della sala resiste. Ma quali sono i film italiani che ci sono rimasti dentro, che ci hanno emozionato, mostrato un mondo con occhi diversi, nel decennio che si chiuderà fra pochi giorni?
Dopo quello sulla canzone, il Corriere della Sera propone ai suoi lettori un nuovo sondaggio che invita a votare per il proprio film preferito, fra 25 selezionati. Quale rappresenta il periodo 2010-2019?
Dopo la prima scrematura troviamo due commedie, campioni d’incasso: Benvenuti al Sud con Claudio Bisio di Luca Miniero (fu soprannominato Miniero d’oro), e Quo vado? di Gennaro Nunziante che confermò la comicità fulminante, feroce, «politicamente scorretta» di Checco Zalone. La commedia d’autore premia Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, ovvero come il cellulare ha cambiato vita quotidiana e rapporti interpersonali: solo nei 18 remake all’estero incassò 100 milioni (in Cina, dove lo hanno vissuto come un horror, fu quinto al box office).
Con Mine vaganti Ferzan Ozpetek ha fatto cadere cliché e luoghi comuni radicati nella famiglia italiana, attraverso una famiglia salentina. Ammore e malavita è il musical crime che ha fatto esplodere tutta la fantasia vulcanica (col Vesuvio sullo sfondo) dei Manetti Bros, è il vento che girò al Lido, l’imbucato che sdoganò la risata alla Mostra di Venezia, vincendo cinque David di Donatello.
Nella lista figurano film rivelazione, come Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, che non fu capito davvero quando uscì alla Festa di Roma, e Il capitale umano di Paolo Virzì, prova di grande maturità in un terreno nuovo per lui. Ci sono tanti film vittoriosi nei salotti buoni del cinema, a cominciare dal premio Oscar La grande bellezza di Paolo Sorrentino, e Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino (vinse la statuetta dell’academy James Ivory per la sceneggiatura non originale). E poi Dogman di Matteo Garrone (due Oscar europei e Cannes premiò Marcello Fonte), Fuocoammare di Gianfranco Rosi e dal romanzo di Saviano La paranza dei bambini di Claudio Giovannesi (premiati a Berlino, il primo con l’orso d’oro e l’altro per sceneggiatura), Martin Eden di Pietro Marcello (migliore attore Luca Marinelli a Venezia), Le meraviglie (a Cannes Grand Prix speciale della giuria a Alice Rohrwacher).
Ecco Anime nere di Francesco Munzi, che con quel suo terzo film (9 David di Donatello) finalmente uscì da nicchie dorate, e Gabriele Muccino, autore molto amato dal pubblico: A casa tutti bene è stato nel 2018 il film italiano più visto.
Ancora: Sulla mia pelle di Alessio Cremonini (con Alessandro Borghi nei panni di Cucchi), Habemus Papam di Nanni Moretti, La tenerezza di Gianni Amelio, Terraferma di Emanuele Crialese, Non essere cattivo di Claudio Caligari, Il giovane favoloso di Mario Martone (su Leopardi), Io sono Li di Andrea Segre. Unico film per il 2012, Diaz di Daniele Vicari.
Il traditore di Marco Bellocchio ha 4 candidature agli Oscar europei che verranno assegnati sabato a Berlino, ed è stato selezionato dall’italia per gli Oscar. Buio in sala, luce sui taccuini.