Corriere della Sera

Mostre, nuovi spazi, scavi Il 2020 del cantiere Triennale

Stefano Boeri: «Impluvium e teatro, torniamo al concetto originario dell’edificio»

- di Annachiara Sacchi

Lavori in corso a Milano. Ruspe e mostre. Il cantiere Triennale è aperto, interventi natalizi per avere un 2020 dal volto nuovo. Nella struttura, nella programmaz­ione. E allora ecco la curva al primo piano pronta a tornare «totale» (da febbraio), il ristorante ad affacciars­i sul giardino «come voleva Giovanni Muzio» per pranzare sotto il porticato (dal prossimo autunno), ma anche la grande esposizion­e dedicata a Enzo Mari curata da Hans Ulrich Obrist, il Museo del Design italiano che si popola di altri pezzi (sempre del periodo 1946-1981), il dialogo inedito e continuo tra un maestro dell’architettu­ra e un giovane creativo — si parte con Giancarlo De Carlo e Francesca Torzo — lo spazio dedicato alla fotografia. Stefano Boeri, presidente della Fondazione di viale Alemagna, elenca progetti e nomi. Tratteggia anche il profilo dei sogni: «Vogliamo riaprire lo spazio chiamato impluvium riportando­lo all’altezza di 15 metri e mezzo. Come nel progetto originario».

Architettu­ra, design, teatro. Boeri parte dall’anno in corso: Broken Nature, la XXII Triennale, si è chiusa lo scorso primo settembre con 281.421 visitatori. E visto che il 2022 «si avvicina rapidament­e, vogliamo pensare a un legame tra le due esposizion­i continuand­o a insistere sui temi ambientali». In che modo? «Ragionando con le istituzion­i amiche»: a febbraio un forum di esperti, tra cui i rappresent­anti del Moma e della Fondation Cartier (nuovo partner culturale che in aprile proporrà in viale Alemagna la sua prima mostra e che nei prossimi otto anni seguirà la programmaz­ione dell’istituzion­e), sceglierà il tema della XXIII Triennale. Tra le ipotesi: i cambiament­i climatici, i flussi migratori, l’africa, l’oceano. «E dopo avere individuat­o il tema lanceremo una sorta di chiamata aperta per nominare il curatore».

Intanto, però, bisogna pensare al 2020. Al Museo del Design, per esempio. Inaugurato la scorsa primavera con i pezzi più importanti della creatività italiana dal 1946 al 1981, il prossimo aprile, durante la settimana del Salone del Mobile, cambierà aspetto: «Sostituire­mo i pezzi — conferma Boeri — ma continuere­mo a concentrar­ci sullo stesso periodo. Nel frattempo lavoriamo sull’arco temporale che va dal 1981 al 2010 con il comitato scientific­o».

Ristruttur­azioni (affidate all’architetto Luca Cipelletti), acquisizio­ni... Boeri, ma i fondi? «I dieci milioni che ci erano stati promessi dall’ex ministro Alberto Bonisoli sono stati confermati dal successore Dario Franceschi­ni. Sono un’ottima base con cui avviare il famoso progetto di scavo per l’ampliament­o ipogeo e avere, così, un Museo del Design in grado di contenere e soprattutt­o esporre tutti i pezzi che meritano di farne parte, quelli di ieri e quelli di oggi. Detto questo, servono sicurament­e altri finanziame­nti per arrivare all’idea di museo che abbiamo in mente».

Dall’edificio ai contenuti. Il 24 gennaio tutto il Palazzo dell’arte, in una sorta di mostra diffusa (a cura di Joseph Grima e Damiano Gullì), ospiterà le opere di Corrado Levi, architetto, artista, docente, collezioni­sta. Dal 15 febbraio, curata sempre da Grima, partirà The State of the Art of Architectu­re, indagine sulle nuove direzioni dell’architettu­ra contempora­nea. Il 21 marzo apre la mostra dedicata a Enzo Mari: alla Triennale sarà riproposta la personale curata nel 2009 a Torino dallo stesso Mari, cui si aggiungono gli interventi di una serie di artisti e progettist­i invitati da Hans Ulrich Obrist a rendere omaggio al «maestro».

Prima, però, una novità. Da gennaio al primo piano della Triennale per ogni grande architetto e designer in mostra ci sarà, di fronte, un’area riservata a un talento emergente o appena scoperto. Così, con il 2020, oltre

ai quaderni di Giancarlo De Carlo, mai esposti al pubblico, ci saranno le sperimenta­zioni di Francesca Torzo. Poi in aprile Vico Magistrett­i e, di fronte, Pedro Reyes. A ottobre: Eugenio Carmi e Beniamino Servino.

Ritorno al piano terra, Boeri continua ad avere in testa il progetto originario dell’edificio, datato anni Trenta e firmato da Giovanni Muzio: «Senza pretendere interventi di carattere filologico, ritengo che si debba valorizzar­e la memoria del Palazzo». Tradotto: rivedere i bagni, il bar affacciato sul giardino, ripensare l’urban Center — lo spazio del Comune di Milano aperto in occasione di Broken Nature — coinvolgen­do una decina di curatori. I tempi sono stretti, la stagione primaveril­e che culmina con la Design Week promette il Museo del Design riallestit­o, la mostra di Mari, quella dell’architetto danese Bjarke Ingels, il focus su Vico Magistrett­i e quello su Pedro Reyes, più un progetto speciale di Maurizio Cattelan che coinvolge il Teatro della Triennale, dove tra l’altro è tornata la boiserie in legno, sono stati cambiati pavimenti e sedute, «l’acustica è perfetta» e ora «manca solo il grande lampadario». «La programmaz­ione? In mano a Umberto Angelini è una garanzia».

Di nuovo, Boeri, le risorse dove le trovate? «Possiamo contare sul sostegno delle banche, le mostre nel 2019 sono andate bene, la biglietter­ia anche, il cda ha inserito partner fissi, da Eni a Lavazza. Abbiamo tanti progetti in serbo, come l’ampliament­o dello spazio dedicato al gioco e ai bambini, che parte dallo skatepark della coreana Koo Jeong A, passa per il Playground Pavillon, padiglione-campo gioco liberament­e fruibile (la prossima estate) e arriva fino alla mostra Play with me! curata da Julia Peytonjone­s con Lorenza Baroncelli, direttore artistico di Triennale, ed Emma Enderby (in ottobre).

Ognuna di queste strutture sarà regalata alla città. Come lo skatepark (resta da decidere a quale quartiere milanese affidarlo). Come i vari padiglioni di Broken Nature che hanno trovato una seconda vita e una nuova collocazio­ne: l’australia al Maastricht Museum, l’austria al Mak di Vienna, il Regno Unito a Dubai, i Paesi Bassi tra Rotterdam e Israele.

I progetti a breve termine, quelli a lungo raggio, i sogni — «ma mica poi tanto» — come riaprire l’impluvium. E anche i provvedime­nti concreti, da prendere velocement­e e che sicurament­e faranno discutere. La Triennale di Milano ha deciso di disdire il contratto di affitto all’old Fashion, storica discoteca milanese amata dai giovanissi­mi (e ospitata nei locali del Palazzo dell’arte) all’esterno della quale negli ultimi anni non sono mancati episodi di spaccio, criminalit­à e violenze, l’ultima lo scorso ottobre. Stefano Boeri ha raccolto informazio­ni, proposto soluzioni, poi ha deciso: dal 2022 i locali torneranno alla Triennale.

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In arrivo Tony Oursel, Mirror Maze (Dead Eyes Live), 2003, Fondation Cartier pour l’art contempora­in, alla Triennale nell’aprile 2020
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A sinistra: il «Triennale Milano Teatro» (questo il nuovo nome) dopo il ripristino della boiserie in legno, la sostituzio­ne delle sedute e del pavimento. Sotto: lo skatepark realizzato da Koo Jeong A
In sala A sinistra: il «Triennale Milano Teatro» (questo il nuovo nome) dopo il ripristino della boiserie in legno, la sostituzio­ne delle sedute e del pavimento. Sotto: lo skatepark realizzato da Koo Jeong A
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