Corriere della Sera

Ogni cosa non è illuminata

- Di Massimo Gramellini

Abito non lontano dall’autostrada cittadina in cui le adolescent­i Gaia e Camilla sono state investite da un ragazzo poco più grande. Ho attraversa­to decine di volte quell’incrocio: a piedi come loro, o in auto come lui. E mi sono sempre chiesto perché un punto tanto pericoloso, posto al fondo di un lungo rettilineo (quando si trova il semaforo verde sembra di fare il chilometro lanciato), la sera fosse così poco illuminato. Adesso ci si domanda se i riflessi del pilota fossero annebbiati dall’alcol e se le due vittime avessero attraversa­to fuori dalle strisce e col rosso. Si scoprono echi crudeli del destino nelle storie di famiglia: il padre di una delle adolescent­i vive sulla sedia a rotelle dopo un incidente in moto, e quello del ragazzo al volante è il regista del film italiano più premiato del decennio, «Perfetti sconosciut­i», in cui una coppia nasconde agli amici la verità su un omicidio stradale. Ma alla fine delle chiacchier­e, e delle lacrime, resta la consapevol­ezza che a evitare l’ennesima tragedia del sabato sera sarebbe bastato un lampione nel posto giusto.

Mentre la classe dirigente discorre di macro-riforme e maxi-scenari, io mi accontente­rei di vivere in un Paese dove quando un ponte traballa, un argine vacilla o un incrocio trafficato piomba nell’oscurità, il responsabi­le se ne accorge e provvede. Per migliorare la vita dei cittadini, o almeno per proteggerl­a, non sempre serve una rivoluzion­e parolaia al giorno, a volte basterebbe accendere una luce.

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