Tregua (per ora) su Banca d’italia
Il silenzio della Lega. La cautela di Ruocco (M5S): le colpe non stanno mai tutte da una parte
Stavolta nessuno, o quasi, soffia sulle ceneri ancora calde. Pochi provano a capitalizzare sul dissesto della Popolare di Bari per estrarre dal rancore qualche voto in più. Eppure non era andata sempre così.
Quattro anni fa il crac di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti, e Cariferrara era stato un punto di svolta: nell’indignazione per le perdite per almeno 200 mila fra azionisti e obbligazionisti, il Movimento 5 Stelle trovò un nuovo racconto politico. Persino Matteo Renzi maturò del rancore verso la Banca d’italia, colpevole di aver gestito le prime crisi bancarie nel nuovo quadro delle regole europee; l’allora premier ne fu così scosso da rinviare per mesi nel 2016 l’inevitabile salvataggio di Mps. Due anni fa poi la liquidazione di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza fu una storia simile, anche per la Lega. Ancora a febbraio scorso, da vicepremier, Matteo Salvini raccontava ai risparmiatori che per quei due casi Banca d’italia e Consob erano «da azzerare». I suoi consiglieri presentavano proposte di legge per togliere alla banca centrale le riserve auree.
Adesso, almeno per il momento e almeno nel perimetro del mondo politico, i toni sono cambiati. Il populismo bancario è in fase di stanca. Di fronte all’ultimo scandalo c’è meno voglia di caccia all’untore. In un’intervista al direttore del Corriere Luciano Fontana ieri Ignazio Visco, governatore della Banca d’italia, ha reso conto del lavoro dei suoi a Bari: «Abbiamo fatto il nostro dovere e vigilato rispettando le regole», ha detto. «Naturalmente - ha aggiunto tra l’altro Visco - alla fine di un percorso si corre il rischio di emettere giudizi di autoassoluzione o di ragionare col senno di poi; noi facciamo il massimo per tenere sotto controllo le diverse situazioni».
La difesa del governatore stavolta è accolta dalla Lega nel silenzio: non una sola voce di approvazione ma neanche le accuse di pochi mesi fa, quando Salvini bloccò per mesi la nomina di Alessandra Perrazzelli nel direttorio della banca centrale. La Lega ieri semplicemente non ha commentato. L’ex viceministro dell’economia Massimo Garavaglia, alla richiesta di un parere sull’analisi di Visco, non ha risposto. Misura le parole anche Carla Ruocco, la deputata dei 5 Stelle che molti vedono alla presidenza della prossima commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche. «Quando si arriva a una crisi come quella di Bari non ci sono mai cause univoche, le responsabilità si possono ascrivere a vari fattori osserva -. Visco dà il suo punto di vista e quadra, nelle misura in cui gli appartiene. Poi va messo in correlazione con quanto emergerà dalle indagini». Accenti diversi rispetto a quando la stessa Ruocco, nell’ottobre 2017, sosteneva: «Visco doveva dimettere al tempo degli scandali e vuotare il sacco»; o quando chiamava Palazzo Koch «Banda d’italia».
Nel mezzo per M5S sono passati anni di governo e - prima con la Lega per Carige, poi per Bari con Pd e Italia viva - di falle finanziarie da tappare. Ora parte del Movimento, come parte della Lega, capisce che non esistono risposte semplici come uno slogan a fatti complessi come una banca in crisi. Alcuni sanno anche che non si rassicurano i risparmiatori con i pubblici regolamenti di conti fra istituzioni. Non a caso Ruocco non esprime riserve sulla promozione interna di Daniele Franco a direttore generale di Banca d’italia e di Piero Cipollone come vice: «Vedremo come lavorano», si limita a dire.
Anche nel mondo renziano ci si muove con i piedi di piombo, adesso. Quando Visco fu riconfermato dal governo del Pd due anni fa, l’ex premier disse: «Non condivido. Il management (di Banca d’italia, ndr) in questi anni non è stato all’altezza». Ieri invece Luigi Marattin, deputato di Italia viva, non affonda: «Visco ha fatto una difesa abbastanza convincente dal suo punto di vista - nota -. Si può discutere sulla scelta di tempo degli interventi su Bari, ma è difficile trovare il momento giusto». Forse hanno tutti intuito ciò che dice il centrista Pier Ferdinando Casini: «La politica non ha mai lanciato avvertimenti sul caso Bari - nota il presidente dell’ultima commissione parlamentare sul credito -. Banca d’italia può fare esposti sugli illeciti, ma servono Procure in grado di approfondire in tempo». Forse è che (quasi) tutti hanno ormai dovuto sporcarsi le mani con i salvataggi.
Di certo c’è una conversazione che fra i regolatori e il governo non è ancora iniziata: né Banca d’italia, né i politici hanno ancora spiegato precisamente se e come - in concreto - si possano difendere meglio i risparmiatori. Ma in un clima meno violento, non è mai troppo tardi per lavorarci tutti insieme.