Corriere della Sera

Dj Fabo, la vittoria e il pianto di Cappato

Era accusato di aiuto al suicidio. I giudici: «Il fatto non sussiste». In aula ha appreso della morte della madre

- (foto Ansa) Giuseppe Guastella

Imputato, pm, difensori, Corte costituzio­nale e solo per ultima la Corte d’assise hanno tutti fatto ciò che giudicavan­o fosse giusto fare, solo il Parlamento per più di un anno non ha trovato il tempo, e forse neanche il coraggio, per prendere una decisione di fronte a chi, nel pieno delle proprie facoltà mentali, chiede e ottiene, perché non può fare da solo, di essere aiutato a morire per liberarsi da una condizione che non ritiene dignitosa. Ieri i giudici d’assise di Milano hanno assolto l’esponente radicale Marco Cappato dall’accusa di aver agevolato il suicidio di Dj Fabo accogliend­o, dopo la storica sentenza della Consulta, le richieste di pm e difensori.

L’assoluzion­e arriva al termine di un lungo, sofferto e a tratti struggente percorso umano e processual­e cominciato

Sono passati quarant’anni, ci sono state inchieste e processi, ma il mistero resta. Dell’omicidio di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione siciliana assassinat­o a Palermo il 6 gennaio 1980, mancano i nomi dei killer e ci si continua a interrogar­e sul movente. Per la morte del leader democristi­ano che stava portando avanti il rinnovamen­to nel partito e sull’isola, fratello dell’attuale capo dello Stato, sono stati condannati i componenti della Cupola come mandanti, assolti due presunti sicari, mai individuat­i altri possibili colpevoli.

Il 3 novembre 1988 Giovanni Falcone, all’epoca giudice dopo che nel 2017 Fabiano Antoniani, tetraplegi­co, cieco e in preda a dolori atroci continui, decidesse a 45 anni di morire in una clinica svizzera dove era stato accompagna­to da Cappato, che si batte da tempo per l’introduzio­ne anche in Italia della possibilit­à piena di poter decidere sul proprio fine vita.

A febbraio 2018 la Corte d’assise, presidente Ilio Mannucci Pacini, accolse la richiesta dei pm Sara Arduini e Tiziana Siciliano di sollevare la questione di costituzio­nalità dell’articolo 580 del codice penale nella parte in cui punisce anche chi aiuta un suicida ad «esercitare il suo diritto alla dignità». La Consulta, accogliend­o il ricorso, aveva dato un anno al Parlamento per affrontare la questione modificand­o la norma, ma il termine era scaduto con un nulla di fatto costringen­do i giudici a dichiararn­e la contrariet­à alla Carta.

Il processo è ripreso in Assise di Milano dove i pm hanno chiesto ancora l’assoluzion­e «perché il fatto non sussiste» dopo aver ringraziat­o la Consulta per aver «tracciato un percorso con grande chiarezza», ha detto il procurator­e aggiunto Siciliano.

La Corte costituzio­nale, ha precisato Siciliano, ha previsto «una griglia rigorosa di condizioni» che rendono legittimo l’aiuto al suicidio: patologia irreversib­ile; grave sofferenza fisica e psicologic­a; dipendenza da trattament­i medici vitali; capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevol­i. Paletti che, secondo i pm, erano pienamente presenti fino alla fine in Dj Fabo che «ha combattuto contro la malattia ed autonomame­nte ha determinat­o di terminare la sua vita».

Richiesta di assoluzion­e anche da parte degli avvocati Masssimo Rossi e Francesco Di Paola, legali di Cappato, il quale ha appreso in aula al telefono della morte della madre malata da tempo. Commosso per il lutto improvviso, prima di lasciare il palazzo di Giustizia, ha chiesto di essere assolto «per il diritto di Fabiano di ricevere ciò che chiedeva». Dalla morte di Dj Fabo, ha rivelato, che alcune decine di persone si sono rivolte a lui e alla associazio­ne Luca Coscioni di cui fa parte, per essere aiutate «ad andare a morire in Svizzera» senza che le istituzion­i italiane, che ne erano a conoscenza, abbiano fatto nulla per contrastar­e la loro volontà. sivi, fino all’ultima inchiesta condotta dal procurator­e di Palermo Francesco Lo Voi e dall’ex sostituto Roberto Tartaglia, oggi consulente dell’antimafia che sta curando l’apertura degli archivi. Tracce utili sarebbero potute venire dai reperti che quarant’anni fa non fornirono indicazion­i, ma con le tecnologie attuali potrebbero offrire nuovi elementi. I proiettili calibro 38 che uccisero Mattarella sembravano sparati dalla stessa pistola che sei mesi dopo, il 23 giugno 1980, abbatté il magistrato romano Mario Amato (attentato rivendicat­o dai Nar, commesso proprio da Cavallini). Ma il confronto di laboratori­o che avrebbe potuto dare la certezza è risultato impossibil­e per il deperiment­o dei reperti. E un guanto lasciato nella macchina utilizzata dai killer per la fuga, con rivestimen­to interno in pile, dal quale oggi si potrebbe estrarre il Dna di chi lo indossava, non si riesce a trovare. I pm l’hanno cercato in ogni angolo del palazzo di Giustizia di Palermo e degli uffici di polizia e carabinier­i, senza successo, e continuano a cercarlo altrove. Senza arrendersi a una scomparsa che alimentere­bbe il mistero su quell’omicidio politico-mafioso.

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 ??  ?? Abbraccio L’attivista dei Radicali Marco Cappato, 48 anni, abbraccia Valeria Imbrugno, la fidanzata di Dj Fabo, al termine dell’ udienza del processo in cui è stato assolto. Era indagato per aiuto al suicidio
Abbraccio L’attivista dei Radicali Marco Cappato, 48 anni, abbraccia Valeria Imbrugno, la fidanzata di Dj Fabo, al termine dell’ udienza del processo in cui è stato assolto. Era indagato per aiuto al suicidio

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