Del Noce, un cattolico anomalo
Quando venne giù il Muro di Berlino, tre uomini misero in guardia dal credere che, ormai, la «società aperta» non avesse più nemici: un papa, uno scrittore, un filosofo. Il pontefice era Karol Wojtyla, lo scrittore era Aleksandr Solženitsyn. E il filosofo? Augusto Del Noce, che di lì a poco, il 30 dicembre 1989, sarebbe morto. Così la sua scomparsa si sarebbe legata al «suicidio della rivoluzione» che il pensatore cattolico aveva anticipato e illustrato. A ben vedere è proprio Del Noce ad essere oggi attuale, perché nella sua opera è vivo il problema del nostro tempo: non schiacciare la democrazia sul razionalismo, altrimenti il pericolo totalitario è destinato a rispuntare.
Questi temi sono al centro del libro di Luca Del Pozzo Filosofia cristiana e politica in Augusto
Del Noce (I libri del Borghese, pp. 290, 18). Emerge la figura di un pensatore scomodo non solo per i marxisti, ma ancor più per i cattolici che dell’incontro con la cultura marxista avevano fatto una ragione di vita. Del Noce è una sorta di «geniale anomalia» sia nella storia della filosofia sia nella generale cultura politica. La sua infatti è tuttora un’esperienza isolata. Aveva ragione Pietro Prini quando individuava nella lettura che Del Noce diede della filosofia moderna la causa del suo isolamento: egli ricostruiva la storia di quel pensiero non sulla linea che da Cartesio conduce a Nietzsche, bensì sulla via che da Cartesio giunge a Rosmini. Così da un lato incontrava l’ostacolo del neoidealismo e del marxismo, ma dall’altro era proprio il pensiero cattolico neotomista che lo percepiva come un corpo estraneo. Un pensatore «scomodo» per tutti, perciò interessante.