Con la Lazio ha scoperto quanto sia vulnerabile
Oltre trent’anni prima del dibattito innescato da Allegri, Platini si trovò a filosofeggiare con la scrittrice Marguerite Duras, che lo stava intervistando per Liberation,a proposito del paragone tra equini e calciatori: «Quindi siete come i cavalli?» chiese lei. «No, perché noi non possiamo metterci i paraocchi…», rispose Le Roi Michel. Reduce da una sconfitta che vale doppio — perché il primo trofeo stagionale è andato e perché è la seconda caduta in 15 giorni contro la Lazio — la squadra di Sarri dà l’impressione di avere cavalli inaspettatamente stanchi («Un deficit di energie» lo ha definito il tecnico) ma anche i pamettersi perché ha esaltato ancora una volta le caratteristiche dell’avversario, che si chiude e apre come una mano e ha rifilato altri tre schiaffi alla Signora.
Il dato più evidente della mutazione bianconera è da allarme rosso: 24 gol in 24 partite sono una media mai vista nella Juve degli otto anni d’oro. Quello che i numeri non dicono è la sensazione di vulnerabilità, che la squadra di Sarri trasmette troppo spesso. I fattori sono molteplici e anche se è oggettivo quello che dice Sarri che il «nuovo modo di giocare più alti c’entra poco, perché i gol li prendiamo sempre quando (Ansa)
siamo bassi e ancora non capisco perché», bisogna pur partire da qualcosa per cercare il motivo di questa fragilità sconosciuta. «Questa maglia pesa, non possiamo più sbagliare. La squadra deve sapere meglio sul campo» dice Pjanic, ovvero quello attraverso il quale dovrebbe passare gran parte del gioco. Se non è una bocciatura generale, perché la Juve è prima in campionato e ha superato di slancio il girone di Champions, è comunque un avvertimento: questa nuova versione, con i vecchi interpreti, non è ancora in grado di imporre il proprio gioco per 90’ e con la Lazio non lo ha mai fatto, per ragioni tattiche, che si sommano a quelle atletiche. Tutto si tiene e anche le qualità tecniche non sono secondarie: la batteria degli esterni difensivi non convince, perché solo Alex Sandro, tra l’altro uno dei peggiori a Riad, garantisce continuità nelle due fasi. Se gli esterni bassi non spingono, le mezzali devono coprire una porzione di campo più ampia e fanno fatica. In quel triangolo delle Bermuda, le coppie Lulic-milinkovic e Lazzari-luis Alberto hanno dominato, facendo saltare agli occhi una cosa che si sapeva anche prima
Equivoci da risolvere Sarri dovrà risolvere in fretta gli equivoci grandi e piccoli: i problemi del tridente
della sfida araba: due mezzali come lo spagnolo e il serbo, la Juve non le ha. E quelle a sua disposizione non hanno le caratteristiche ideali per sostenere il gioco d’attacco, con inserimenti e gol: gli ultimi arrivati Ramsey e Rabiot sono ancora due oggetti abbastanza misteriosi.
Sarri prova a compensare con il tridente, dopo aver ricordato che Dybala «non è un trequartista». L’argentino come regista d’attacco non può essere sempre brillante anche nel raccordo e Higuain ha dimostrato di avere più spazi quando gioca in coppia, senza tridente. Gli equivoci vanno affrontati comunque in fretta. E senza quel «pizzico di superficialità e di presunzione» di cui ha parlato Buffon riferendosi al primo k.o. con la Lazio. La prossima sfida ai biancocelesti è lontana (26 aprile), ma la Juve ha anche altri cavalli da tenere a freno. Senza paraocchi.