Il «popolo civile» è pieno di Masanielli che invadono la tv
C ome cambiano i Masanielli in tv! Il primo grande Masaniello della tv è stato Michele Santoro, al grido di «chi disordina la televisione disordina il mondo». Così lo aveva battezzato Beniamino Placido nel 1991.
Masaniello, nome con cui è noto il capopopolo napoletano Tomaso Aniello (1620-1647), è diventato sinonimo di arruffapopoli, di agitatore. Veramente prima di Santoro c’è stato Nino Taranto, ma era soltanto una commedia, Masaniello (1957) di Scarnicci e Tarabusi. Giorni fa, in una puntata di Passato e presente (Rai Cultura), Paolo Mieli ci ha spiegato bene chi fosse Masaniello, reso famoso nel 1647 dalla rivolta del popolo di Napoli contro il sistema fiscale introdotto dagli spagnoli. Nei dieci giorni di luglio che vedono la città di Napoli messa a ferro e a fuoco dai rivoltosi e dal «popolo civile», il giovane e scaltro pescivendolo Masaniello assurge a ruolo di capo militare per il coordinamento delle azioni in città.
Santoro per ora è nelle file nella riserva, alcuni suoi discepoli arruffano ma non sono come lui; i conduttori dei talk in genere preferiscono il ruolo del vigile urbano (donde il tormentone: «parlate uno alla volta, altrimenti non si capisce»). Ci sarebbe Beppe Grillo, ma ora ha consegnato il suo popolo alla Casaleggio Ass. E Masaniello?
Masaniello si è moltiplicato: il «popolo civile» è ora pieno di Masanielli che partecipano ai talk, che si sentono investiti di un nuovo apostolato: sono chiamati come ospiti non per discutere ma per migliorare il mondo attraverso la loro partecipazione. Masaniello non è più il conduttore ma l’ospite. Masaniello ha ora molte facce, molti colori, ambisce rappresentare uno dei tanti populismi che via via salgono alla ribalta. Ma è riconoscibile negli atteggiamenti: urla, parla sempre a nome di, il suo popolo è più popolo degli altri. Sia quando vuole uscire dall’euro sia quando invoca la prescrizione come ergastolo processuale.