LA GRANDEZZA STORICA DELLA RIVELAZIONE BIBLICA
Il pezzo di Dacia Maraini uscito sul Corriere la vigilia di Natale ha suscitato una ferma reazione da parte della Presidente dell’unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, pubblicata sulle pagine dello stesso quotidiano il 27 dicembre, ed una replica della stessa Maraini, che «online» chiarisce le sue intenzioni, ispirate a una ferma condanna dell’antisemitismo e a un rispetto profondo dell’ebraismo e dei suoi valori. Nella convinzione che sia doveroso riconoscere le giuste intenzioni della coraggiosa Scrittrice, mi sembra però opportuno inserire nel dibattito una riflessione da parte cattolica — chiesta peraltro dalla Presidente Di Segni — per chiarire, ove fossero restati dubbi, quei principi che dal Concilio Vaticano II e dalla Costituzione della Commissione Mista fra la Chiesa Cattolica e il Gran Rabbinato d’israele (di cui faccio parte) sono a fondamento delle relazioni ebraico-cristiane, al servizio del dialogo e della pace per l’intera famiglia umana.
Le espressioni da chiarire riguardano soprattutto due punti: da una parte l’accenno di Dacia Maraini alla «severa e vendicativa religione dei padri» (con riferimento, dunque, anche ai grandi testimoni della fede antico-testamentaria) e dall’altra la sua affermazione che Gesù avrebbe introdotto «per la prima volta nella cultura monoteista il concetto del perdono, del rispetto per le donne, il rifiuto della schiavitù e della guerra», anche se poi «in nome di Cristo sono state fatte delle orribili nefandezze». Ha aggiunto ancora Dacia Maraini: «Molti, proprio dentro la Chiesa, hanno rifiutato i principi del vecchio Testamento, il suo concetto di giustizia come vendetta (occhio per occhio, dente per dente), la sua profonda misoginia, l’intolleranza e la passione per la guerra».
Riguardo al riferimento alla «severa e vendicativa religione dei padri» va detto che nell’antico Testamento possono
certo trovarsi espressioni di rigore e di vendetta, che tuttavia sono piuttosto il riflesso della condizione umana, purtroppo spesso segnata da tali atteggiamenti, che non una costante della religione biblica: questa è anzi ricchissima di riferimenti al primato dell’amore e alla forza sanante della misericordia e del perdono. Basti pensare al tema dell’amore divino verso le creature e verso il popolo dei credenti, ad esempio nei testi del profeta Osea (2, 21s), o all’insistenza sulla misericordia, espressa in ebraico dalla stupenda parola «rachamim», che rimanda alle viscere materne e dunque all’amore gratuito e senza ritorno con cui una madre ama il suo bambino (i testi sono innumerevoli).
La grandezza della rivelazione biblica, fatta oggetto di fede dal popolo ebraico, sta proprio in questa sua testimonianza del volto di un Dio personale, la cui misericordia è eterna e che, dando amore, chiama a esercitare misericordia e perdono. Circa poi l’accusa di misoginia è doveroso ricordare che alcune delle grandi figure protagoniste della storia del popolo ebraico narrata nella Bibbia sono donne (da Sara, moglie di Abramo, a Lia, moglie di Giacobbe, con Rachele fondatrice della casa d’israele, ad Anna, profetessa e madre di Samuele, a Debora, giudice in Israele, a Ester, regina e salvatrice del suo popolo, a Noemi, a Rut, ecc.), e che dunque molti dei motivi per affermare la dignità e il protagonismo femminile nella storia si trovano proprio nella testimonianza della fede ebraica. Lo stesso Gesù, che i cristiani confessano Figlio eterno di Dio fatto uomo per la salvezza degli uomini, è un ebreo fedele e — come osservano i recenti documenti sul dialogo ebraico-cristiano della Chiesa cattolica — è «ebreo per sempre». Tutti i valori di eguaglianza, giustizia e pace, che egli ha annunziato e vissuto, non sono proposti da lui contro l’ebraismo, ma come eredità di esso da custodire e promuovere per il bene dell’intera famiglia umana.
Il rifiuto dell’insulto e dell’aggressività, che Dacia Maraini riconosce proprio delle nostre attuali «sardine», non può essere contrapposto, allora, a un mondo che della fede nel Dio unico ha fatto il suo centro e cuore ispirativo, proprio perché quell’ispirazione vive e si esprime proprio dove la grande testimonianza biblica è conosciuta e raccolta nella sua forza e ricchezza innegabili. Che ebrei e cristiani, poi, nella storia abbiano avuto colpe è perfino ovvio: e il grande gesto di Giovanni Paolo II in occasione del giubileo del 2000 di chiedere perdono per le colpe commesse dai cristiani nel passato, affinché esse non si ripetano più, è stato certamente condiviso e apprezzato da tanti «fratelli maggiori», come lo stesso Papa amava chiamare i figli del popolo d’israele.
Arcivescovo di Chieti-vasto