Corriere della Sera

LA GRANDEZZA STORICA DELLA RIVELAZION­E BIBLICA

- Di Bruno Forte

Il pezzo di Dacia Maraini uscito sul Corriere la vigilia di Natale ha suscitato una ferma reazione da parte della Presidente dell’unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, pubblicata sulle pagine dello stesso quotidiano il 27 dicembre, ed una replica della stessa Maraini, che «online» chiarisce le sue intenzioni, ispirate a una ferma condanna dell’antisemiti­smo e a un rispetto profondo dell’ebraismo e dei suoi valori. Nella convinzion­e che sia doveroso riconoscer­e le giuste intenzioni della coraggiosa Scrittrice, mi sembra però opportuno inserire nel dibattito una riflession­e da parte cattolica — chiesta peraltro dalla Presidente Di Segni — per chiarire, ove fossero restati dubbi, quei principi che dal Concilio Vaticano II e dalla Costituzio­ne della Commission­e Mista fra la Chiesa Cattolica e il Gran Rabbinato d’israele (di cui faccio parte) sono a fondamento delle relazioni ebraico-cristiane, al servizio del dialogo e della pace per l’intera famiglia umana.

Le espression­i da chiarire riguardano soprattutt­o due punti: da una parte l’accenno di Dacia Maraini alla «severa e vendicativ­a religione dei padri» (con riferiment­o, dunque, anche ai grandi testimoni della fede antico-testamenta­ria) e dall’altra la sua affermazio­ne che Gesù avrebbe introdotto «per la prima volta nella cultura monoteista il concetto del perdono, del rispetto per le donne, il rifiuto della schiavitù e della guerra», anche se poi «in nome di Cristo sono state fatte delle orribili nefandezze». Ha aggiunto ancora Dacia Maraini: «Molti, proprio dentro la Chiesa, hanno rifiutato i principi del vecchio Testamento, il suo concetto di giustizia come vendetta (occhio per occhio, dente per dente), la sua profonda misoginia, l’intolleran­za e la passione per la guerra».

Riguardo al riferiment­o alla «severa e vendicativ­a religione dei padri» va detto che nell’antico Testamento possono

certo trovarsi espression­i di rigore e di vendetta, che tuttavia sono piuttosto il riflesso della condizione umana, purtroppo spesso segnata da tali atteggiame­nti, che non una costante della religione biblica: questa è anzi ricchissim­a di riferiment­i al primato dell’amore e alla forza sanante della misericord­ia e del perdono. Basti pensare al tema dell’amore divino verso le creature e verso il popolo dei credenti, ad esempio nei testi del profeta Osea (2, 21s), o all’insistenza sulla misericord­ia, espressa in ebraico dalla stupenda parola «rachamim», che rimanda alle viscere materne e dunque all’amore gratuito e senza ritorno con cui una madre ama il suo bambino (i testi sono innumerevo­li).

La grandezza della rivelazion­e biblica, fatta oggetto di fede dal popolo ebraico, sta proprio in questa sua testimonia­nza del volto di un Dio personale, la cui misericord­ia è eterna e che, dando amore, chiama a esercitare misericord­ia e perdono. Circa poi l’accusa di misoginia è doveroso ricordare che alcune delle grandi figure protagonis­te della storia del popolo ebraico narrata nella Bibbia sono donne (da Sara, moglie di Abramo, a Lia, moglie di Giacobbe, con Rachele fondatrice della casa d’israele, ad Anna, profetessa e madre di Samuele, a Debora, giudice in Israele, a Ester, regina e salvatrice del suo popolo, a Noemi, a Rut, ecc.), e che dunque molti dei motivi per affermare la dignità e il protagonis­mo femminile nella storia si trovano proprio nella testimonia­nza della fede ebraica. Lo stesso Gesù, che i cristiani confessano Figlio eterno di Dio fatto uomo per la salvezza degli uomini, è un ebreo fedele e — come osservano i recenti documenti sul dialogo ebraico-cristiano della Chiesa cattolica — è «ebreo per sempre». Tutti i valori di eguaglianz­a, giustizia e pace, che egli ha annunziato e vissuto, non sono proposti da lui contro l’ebraismo, ma come eredità di esso da custodire e promuovere per il bene dell’intera famiglia umana.

Il rifiuto dell’insulto e dell’aggressivi­tà, che Dacia Maraini riconosce proprio delle nostre attuali «sardine», non può essere contrappos­to, allora, a un mondo che della fede nel Dio unico ha fatto il suo centro e cuore ispirativo, proprio perché quell’ispirazion­e vive e si esprime proprio dove la grande testimonia­nza biblica è conosciuta e raccolta nella sua forza e ricchezza innegabili. Che ebrei e cristiani, poi, nella storia abbiano avuto colpe è perfino ovvio: e il grande gesto di Giovanni Paolo II in occasione del giubileo del 2000 di chiedere perdono per le colpe commesse dai cristiani nel passato, affinché esse non si ripetano più, è stato certamente condiviso e apprezzato da tanti «fratelli maggiori», come lo stesso Papa amava chiamare i figli del popolo d’israele.

Arcivescov­o di Chieti-vasto

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