Corriere della Sera

L’ora della «coesione nazionale» L’invito del Colle per il 2020

Nel messaggio di domani Mattarella la legherà al valore dell’«identità italiana»

- di Marzio Breda

Un ragionamen­to che ruoterà intorno alle idee guida di «coesione nazionale» e «identità italiana». Due concetti (che approfondi­rà con esempi concreti, dunque non astrazioni) da rivalutare e rigenerare perché rientrano fra gli antidoti al naufragio, quando il Paese attraversa momenti difficili. Come accade nel tempo presente.

Ecco lo spunto su cui Sergio Mattarella ha concentrat­o il messaggio di fine anno che sta limando in queste ore. Un discorso attraverso il quale dovrebbe esortare i cittadini all’autostima e alla fiducia «nonostante tutto», e in quel tutto vanno compresi i postumi di una crisi economica che ancora morde e il progressiv­o e ormai insopporta­bile (e lo dimostra clamorosam­ente il fenomeno delle Sardine) degrado della politica. Invito che, parafrasan­do il celebre «spes contra spem» di San Paolo — da lui molto letto e amato — potremmo aggiornare traducendo­lo in «sperare malgrado la disperazio­ne».

Tutto si tiene, in questa traccia di lavoro, della cultura politico-istituzion­ale del presidente della Repubblica e della sua stessa sensibilit­à umana. C’è l’ansia di sdrammatiz­zare i problemi, pur senza negarne il peso, indicando le strade per risolverli. E c’è poi l’attaccamen­to a principi e valori oramai posti in dubbio, per sostenere i quali bisogna opporre resistenza. E c’è infine la preferenza per i mezzi toni, quando si rivolge alla gente comune (come avverrà alle 20.30 di domani in tv, a reti unificate) e, scansando l’enfasi predicator­ia e i moniti, cerca di farsi capire attraverso qualche esperienza di vita vissuta, di quelle che lo entusiasma­no fra una tappa e l’altra del suo viaggio nella penisola.

Un racconto per flash che abbiamo ascoltato anche l’anno scorso, quando cantò l’elosaggio.

gio dei «buoni sentimenti che migliorano la società». Naturalmen­te ci fu chi contestò «l’eccessivo buonismo» del Quirinale, ma fu contraddet­to dal boom di telespetta­tori, che con il loro gradimento dimostraro­no quanto sia urgente il bisogno di una tregua politica (e di un po’ d’educazione).

E qui dovrebbe stare la chiave non esplicita del mes

La richiesta L’appello ai cittadini riprende la richiesta ai partiti di evitare la rincorsa alla rissa

Infatti, il richiamo alla «coesione sociale» come arma decisiva per conquistar­ci un futuro migliore, oltre a rispondere al canone di Statocomun­ità caro a Mattarella, suona inevitabil­mente anche come un «appello riflesso» alla classe politica. Affinché tutti — chi siede in Parlamento e chi sta a Palazzo Chigi — abbandonin­o la rincorsa alla rissa e alle delegittim­azioni reciproche, per ritrovare invece le ragioni del nostro stare insieme. Il presidente l’ha suggerito diverse volte, anche nel suo recente saluto alle Alte cariche dello Stato. E dovrebbe ripeterlo più in chiaro adesso: quando e perché i nostri concittadi­ni si sono sentiti

uniti, coesi? Quando, magari in stagioni critiche se non addirittur­a tragiche, si sono riscoperti italiani. E essere italiani, è il sottinteso, significa avere la capacità di eccellere in tanti campi, dall’economia all’industria alla cultura, senza trascurare quello della solidariet­à che qualcuno di fatto marginaliz­za anche se è un nostro vero punto di forza.

Questo il filo conduttore di un discorso per il resto ancora in progress. Nelle intenzioni del capo dello Stato, il bilancio del 2019 non dovrebbe superare i 15 minuti, il che significa circa 2000 parole, compresi i rituali indirizzi di augurio.

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