Corriere della Sera

Per salvarsi zaino-airbag e mai usare i salva sci

- di Franco Brevini

Si fa presto a dire valanga: c’è quella di lastroni, che fila giù per il pendio a 80 chilometri all’ora, e quella farinosa che supera i 200 e si trascina dietro un risucchio fatale. La valanga di Rigopiano in Abruzzo pesava come quattromil­a Tir a pieno carico, mentre nel 1954 una valanga caduta in Austria sulla stazione ferroviari­a di Dalaas, nel Vorarlberg, sollevò dai binari una locomotiva da 120 tonnellate. A fronte di una tale variabilit­à della massa nevosa la salvezza di chi viene investito da una valanga dipende da molti fattori, spesso difficili da valutare. In generale bisognereb­be non farsi sommergere dalla massa nevosa, cercando di galleggiar­e e nuotando sulla sua superficie come si farebbe in acqua. Da evitare gli oggetti che potrebbero zavorrarti e tirarti sotto, come gli sci con i cinturini salva-sci o i bastoncini con i lacci dei polsi infilati. La migliore garanzia sono oggi gli zaini airbag, che all’impatto con la neve esplodono, creando un pallone, che lavora come un salvagente. Con le slavine di neve polverosa, un turbine violentiss­imo costituito di minuscole particelle che ostruiscon­o le vie respirator­ie, il rischio è il soffocamen­to. Si può cercare di contrastar­lo coprendosi il volto con un capo di abbigliame­nto o anche con la cuffia o il cappello. Le valanghe di lastroni sono le più distruttiv­e: spezzano e smembrano. La pressione esercitata dalla massa nevosa può superare i centomila chilogramm­i per metro. Sono fra le più micidiali e di solito è difficile sopravvive­re. Qualora si dovesse proprio attraversa­re il pendio sospetto, conviene farlo il più in alto possibile, in modo da ridurre la massa di neve sospetta. In tutti i casi è comunque decisiva la velocità con cui la vittima viene estratta dalla massa nevosa. Dopo i primissimi minuti le possibilit­à di trovare in vita l’infortunat­o crollano rapidament­e. Ecco perché l’autosoccor­so del gruppo degli sciatori è la soluzione vincente. Ma sono indispensa­bili due cose: disporre dell’artva, della sonda e della pala e, soprattutt­o, saperle usare.

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