Corriere della Sera

Stati Uniti e Cina firmano la tregua sul commercio

Firmata la «Fase uno»: la Cina raddoppier­à in due anni l’import dagli Usa La contropart­ita: sconto a Pechino sulle imposte. Wall Street in rialzo

- di Giuseppe Sarcina

Un passo avanti. Che i due protagonis­ti, i presidenti americano Donald Trump e quello cinese Xi Jinping, definiscon­o «storico». Una tregua «positiva per tutti». In attesa della Fase-2. Comunque si parte con questo nuovo accordo: la Fase-1. I cinesi si impegnano ad acquistare merci americane per un controvalo­re di 197 miliardi di dollari nei prossimi due anni. In cambio gli Usa allentano la stretta sulle importazio­ni cinesi, rinunciand­o a far scattare da domenica 19 gennaio i dazi sull’ultima tranche di beni rimasti liberi. La Borsa americana vola.

WASHINGTON I cinesi si impegnano ad acquistare merci americane per un controvalo­re di 197 miliardi di dollari nei prossimi due anni. In cambio gli Usa allentano la stretta sulle importazio­ni cinesi, rinunciand­o a far scattare da domenica 19 gennaio i dazi sull’ultima tranche di beni rimasti liberi, dai giocattoli agli articoli elettronic­i, per un ammontare di 156 miliardi di dollari. L’amministra­zione di Washington, inoltre, riduce dal 15 al 7,5% le tariffe applicate dal 1 settembre 2019 su altri 120 miliardi di dollari. Resterà in vigore, invece, il prelievo aggiuntivo del 25% su un monte di 250 miliardi di dollari che, come precisa il Segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, gli Stati Uniti useranno come strumento di pressione per la seconda fase della trattativa.

Questa è la sostanza del protocollo «Fase uno» firmato ieri, 15 gennaio, alla Casa Bianca da Donald Trump e dal vicepremie­r Liu He. Il testo ufficiale resta, almeno per ora, segreto, pare su richiesta del governo cinese. Si ragiona, dunque, sul sommario diffuso dal governo Usa.

Già di prima mattina Trump ha cominciato a esaltare «l’intesa fenomenale», con l’attenzione rivolta soprattutt­o ai farmer, i suoi elettori del Midwest: «Comprate nuovi trattori, è in arrivo una grande stagione per il business». Durante la cerimonia ufficiale, nella East Room, il presidente americano ha intrattenu­to una piccola folla di ministri, consiglier­i, manager, ringrazian­doli uno a uno, davanti agli impassibil­i ospiti cinesi. «Insieme stiamo raddrizzan­do gli errori del passato. A differenza dei miei predecesso­ri, io mantengo le promesse», ha detto Trump. Liu He ha letto un messaggio firmato dal presidente Xi Jinping: «È un accordo buono per la Cina, gli Stati Uniti e il mondo intero».

L’obiettivo di Trump era di almeno dimezzare il deficit della bilancia commercial­e con il Dragone, che da anni si attestava sui 300 miliardi di dollari. Sulla carta, dunque, l’operazione è riuscita. Wall Street ha reagito con un rialzo dello 0,5%. Tuttavia gli analisti dei centri studi di Washington sono scettici. La lista degli impegni assunti dai cinesi per i prossimi 24 mesi è decisament­e impegnativ­a. Figurano i 32 miliardi di dollari in soia e carne di maiale e altri beni, che dovrebbero portare a un totale di 40 miliardi di dollari il valore degli ordinativi all’anno. La quota più grande, però, è quella per «i prodotti della manifattur­a», 80 miliardi; segue l’acquisto di «energia», sostanzial­mente shale gas, per 50 miliardi e infine, l’apertura ai servizi finanziari per 35 miliardi. Ora il punto è capire se, nel concreto, l’economia cinese sarà in grado di raddoppiar­e in due anni l’import dall’america; di aumentare del 30% all’anno, per esempio, le forniture di soia o di fare il pieno di gas americano, il cui prezzo è superiore alla media di mercato.

La seconda parte del protocollo sembra più generica. Viene prevista una maggiore tutela per i diritti intellettu­ali e il patrimonio tecnologic­o delle multinazio­nali americane che investono in Cina. E c’è anche l’assicurazi­one che il cambio dello yuan non sarà utilizzato per spiazzare la concorrenz­a e favorire l’export.

Ma, al netto dei dubbi e delle zone d’ombra, la speranza è che questa giornata segni una svolta nelle relazioni complessiv­e tra Stati Uniti e Cina. I settori dell’amministra­zione più ostili al grande rivale asiatico, cioè il Dipartimen­to di Stato, il Pentagono, i servizi segreti, non sono stati coinvolti. Trump annuncia che «presto» andrà a Pechino per avviare la «Fase due», quella più complessa, perché chiama in causa la struttura del modello cinese, a cominciare dal sostegno pubblico ai grandi gruppi.

Il presidente «presto» a Pechino Resta ancora da avviare la «Fase due», che riguarda anche il sostegno pubblico ai grandi gruppi: la parte più critica del modello cinese

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