Corriere della Sera

«Le mie 58 ore sotto la valanga tenendo la mano di Stefano»

Francesca e il fidanzato morto a Rigopiano

- di Giusi Fasano

«Nel buio Stefano non mi rispondeva. Sono stata sotto le macerie di Rigopiano con lui. Lo tenevo per mano. Era già morto. Sognava dei figli». Francesca Bronzi ricorda la tragedia del 18 gennaio di tre anni fa nell’hotel travolto dalla valanga.

MONTESILVA­NO (PESCARA) «Con la torcia del telefono ho visto la mano di Stefano, al polso aveva l’orologio che gli avevo regalato io. Mi sono allungata finché sono arrivata a toccare le dita. Lo chiamavo ma non ha mai risposto. Non ho voluto pensarlo morto. Volevo credere che fosse svenuto e sono rimasta lì sotto, tutto quel tempo, pensando a questo: lui è soltanto svenuto, presto ci tireranno fuori di qui e staremo bene».

Siamo nella cucina di casa sua, a Montesilva­no, vicino a Pescara. Anzi no. Siamo a Rigopiano, sotto un cumulo spaventoso di neve, alberi, ghiaccio, macerie... Francesca Bronzi, 28 anni, abbraccia Safira, il suo cagnolino, e ci porta con lei. Entriamo nei ricordi delle sue 58 ore da sepolta viva, sotto la valanga che ha sbriciolat­o l’hotel Rigopiano e le vite di 29 persone. Fra quelle persone c’era anche Stefano Feniello. Il giorno prima della valanga — che venne giù il 18 gennaio del 2017 — Stefano e Francesca erano riusciti a salire fin lassù, in mezzo a muri altissimi di neve, per festeggiar­e i 28 anni di lui e i loro cinque anni insieme.

Dove eravate quando arrivò la valanga?

«Davanti al caminetto. All’improvviso siamo volati via. Mi sono ritrovata in un buco, con le ginocchia al petto, due travi si erano fermate a un centimetro dalla mia testa. Un’altra separava me da una coppia, Vincenzo e Giorgia, anche loro poi salvati. Non si respirava, aria tossica. Ho chiamato Stefano, all’inizio ho sentito come un lamento, flebile. Poi più nulla».

Cosa vedeva attorno a lei?

«Macerie, pezzi di arredament­o... Ho fatto luce di fronte a me e mi sono spaventata perché ho visto le corna di un cervo: stavano sopra il caminetto ma lì sotto rendevano tutto così spettrale... Non capivo perché tutti quei rami conficcati fra neve e macerie. Pensavo a un terremoto, non a una valanga».

C’erano state scosse?

«Sì, alcune fortissime. La gente era preoccupat­a, volevano tutti tornare a casa ma c’era troppa neve».

Sotto la valanga aveva la percezione del tempo?

«Sì. Ci dicevamo: ora arrivano i soccorsi ma non sentivamo niente. Vincenzo era vicino alla neve, ogni tanto ne prendeva un pezzetto e ci bagnavamo le labbra, ma era piena di vetri, rami. Io a un certo punto ho tirato il giubbino rimasto attaccato alla poltrona. In tasca c’era la foto di nonna, che adoravo e che era morta da poco. Io sono credente, ho guardato quella foto e mi sono affidata a Dio. Ho pregato tantissimo».

Ha pensato di morire?

«Ho avuto un momento di sconforto, ho urlato. Pensavo: e se sono morti tutti? Come fanno giù in paese a capire che abbiamo bisogno di aiuto? Quando si sono spenti i telefoni è stato spaventoso. C’era un buio che faceva male agli occhi tanto era denso».

Avevo la foto di mia nonna, morta da poco. Sono credente, l’ho guardata e mi sono affidata a Dio

Ricordo mio papà inginocchi­ato accanto a me, mi accarezzav­a e piangeva

Poi finalmente i soccorsi.

«Abbiamo sentito un vigile del fuoco che diceva: c’è qualcuno? Ci sentite? Ho cominciato a piangere di gioia. Da quel momento a quando mi hanno tirata fuori sono passate 23 ore. I vigili del fuoco sono stati eccezional­i».

La prima persona cara che ha visto dopo i soccorrito­ri?

«Mio padre, in ospedale. Si è inginocchi­ato accanto a me, mi accarezzav­a e piangeva».

Quando ha saputo che Stefano non c’era più?

«Alcuni giorni dopo».

Se pensa a lui adesso...

«Lo vedo che sorride. Aveva voglia di futuro, famiglia, bambini. Era grinta, dolcezza e capacità di sorprender­mi».

Per esempio quando?

«Quando mi chiese di sposarlo. Fu in vacanza in Alto Adige: lo scrisse sulla neve. Pensavamo al 16 giugno 2018. Già bloccati chiesa e ristorante, ci aspettava un appartamen­to sotto casa dei suoi...».

Come lo ha conosciuto?

«Amo i balli caraibici. Non avevo un partner e chiesi al ragazzo della palestra se conosceva qualcuno. E lui: ti presento un amico. Era Stefano».

Come si può convivere con un trauma così grande?

«Mi aiuta uno psicologo, e la fede. Il dramma della tragedia l’ho messo un po’ da parte. Il vero trauma è stato perdere lui. Finora mi sono concentrat­a su quello: cercare di accettare la sua perdita. Ma è difficile, fa male».

È tornata a Rigopiano?

«Due volte, con le amiche. È stato un po’ come andare a trovare Stefano che è stato cremato ed è a casa sua. Andare lì sarebbe troppo doloroso. Troppe emozioni da gestire».

Conserva messaggi, foto?

«Ho cancellato tutto, le fotografie le ho scaricate su una memoria esterna. Questa è la casa dei miei. Nella mia stanza c’era una sua foto e io non ho voluto entrarci per due mesi. Poi l’ho tolta e ho ripreso a dormirci. Mi sono cancellata dai social, ho chiuso il profilo Facebook. Non voglio che capiti per caso di averlo di fronte a me, non voglio inciampare nell’immagine del suo volto, non voglio che mi guardi dallo schermo del telefonino quando lo accendo. E invece voglio andare a cercarlo io ogni volta che ne sento il bisogno. È una cosa fra me e lui. Se n’è andato, sì, ma non mi ha mai lasciata».

 ??  ?? Francesca Bronzi con il fidanzato Stefano, morto nella tragedia di Rigopiano, in Abruzzo, il 18 gennaio del 2017
Francesca Bronzi con il fidanzato Stefano, morto nella tragedia di Rigopiano, in Abruzzo, il 18 gennaio del 2017
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Francesca Bronzi, 28 anni, è una sopravviss­uta di Rigopiano. Qui accanto è a casa sua (Montesilva­no) con Safira, la sua cagnolina
A casa Francesca Bronzi, 28 anni, è una sopravviss­uta di Rigopiano. Qui accanto è a casa sua (Montesilva­no) con Safira, la sua cagnolina

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