Gli anti-di Maio spaccati, solo in pochi al summit E sulla Calabria è scontro
Voci di nuovi transfughi, anche verso Carroccio e Meloni
ROMA Ora si attende. Che Luigi Di Maio decida se mettere in piedi un nuovo direttorio per ripararsi dalle «pugnalate» (come le ha chiamate lui stesso). Che i ribelli prendano in mano la situazione e affrontino la questione della leadership e il rapporto con Davide Casaleggio. Che Lorenzo Fioramonti crei il suo nuovo gruppo. Che arrivino le elezioni in Emilia-romagna e in Calabria. E che si celebrino gli Stati Generali, titolo ancora da riempire di contenuto.
Nel frattempo Di Maio, pressato dai gruppi, prova a strappare qualche altra concessione a Casaleggio: per la prima volta i due non sono in perfetta sintonia. Intanto il Movimento subisce un lento smottamento. Ieri in Transatlantico Fioramonti era attivissimo, circondato da capannelli di deputati. Si dice che ne siano in arrivo quattro, pronti all’abbraccio parlamentare. Ma si parla di traslochi in molte direzioni. Al Senato c’è una senatrice in trattative con la Lega, alla Camera si parla di una deputata in partenza per Fratelli d’italia e di due in direzione di Matteo Renzi. Nemesi, per un avversario storico. Altri restano ma sono furibondi. Vedi Nicola Morra che ieri ha attaccato frontalmente Luigi Aiello, candidato M5S per la Calabria definito «inaccettabile». L’accusa è di non aver rivelato una parentela con un boss mafioso. Replica di Aiello: «Morra danneggia la nostra campagna. Scappa, mentre io sto in trincea».
Non bastasse, a giorni arriveranno i provvedimenti disciplinari a carico di chi non ha restituito i soldi o è in dissenso. Emorragia che preoccupa anche le minoranze. «Qui viene giù tutto», è la frase più diffusa. Anche per questo ieri si è cercato di accelerare con la riunione dei critici. A promuoverla, i deputati Luigi Gallo e Giorgio Trizzino e i tre senatori firmatari di un documento già noto (Emanuele Dessì, Primo Di Nicola e Mattia Crucioli), ai quali si sono aggiunti Gianni Marilotti e
Cataldo Mininno. Spiega Luigi Gallo: «Non siamo dissidenti, è un processo democratico in vista degli Stati Generali. Chiediamo che non si lascino inascoltate le voci per il cambiamento».
Ma le voci ieri erano soltanto una decina (loro sostengono 20). Un flop. Del resto anche Morra in passato ha organizzato diversi incontri, con scarsi risultati numerici. Perché il fronte del dissenso è diffuso, ma variegato. Ci sono critiche politiche da sinistra o da destra, risentimenti personali, voglia di trovare un’alternativa alla fine legislatura (e poltrona) che avanza. E così risulta difficile mettersi d’accordo. Tra gli assenti di ieri, c’era anche Giuseppe Brescia, ala sinistra vicina a Roberto Fico, che non gradisce la gestione mediatica della discussione. Così come altri parlamentari «governativi» non apprezzano: «Di Maio aveva già detto che si sarebbe discusso agli Stati Generali. Mettere in piedi questa cosa ora vuole dire cercare solo i riflettori».