Corriere della Sera

«Ciampi un esempio sulla politica estera»

Il ricordo di Mattarella a Livorno: rivendicò la necessità che il Colle venisse informato preventiva­mente

- di Marzio Breda

Chissà se ha in mente il Berlusconi che il 14 settembre 2002 ricevette a Camp David un giubbotto da aviatore Usa con stampato sulla schiena «italian premier», dono dell’«amico George» (cioè Bush), e che già si preparava a schierarci nella coalizione dei volonteros­i per la Seconda Guerra del Golfo, in Iraq. Non è un caso, comunque, che Sergio Mattarella, nell’onorare Ciampi, ricordi che qualche mese più tardi il suo predecesso­re rivendicò «la necessità di essere informato prima che decisioni di politica estera venissero assunte in sede governativ­a, per poter esprimere, anticipata­mente, “giudizi, esortazion­i e valutazion­i”, sottolinea­ndo così il contributo di garanzia del sistema delle alleanze e delle

d

La coesione nazionale Lo statista toscano aveva una visione d’italia coesa contro ogni scetticism­o e rassegnazi­one

relazioni internazio­nali assicurato alla presidenza della Repubblica».

Quel diritto-dovere a essere consultato Ciampi lo puntualizz­ò in una lettera a Palazzo Chigi, nella quale enumerava i vincoli che l’italia è tenuta a rispettare: «Sostegno pieno al sistema Onu e complement­arietà fra integrazio­ne europea e legame transatlan­tico, incarnato dalla Nato». Fatto sta che da allora prese corpo quella che gli studiosi hanno definito la «politica comunitari­a» del capo dello Stato, «suffragata anche da una legge costituzio­nale del 2001». Prerogativ­a di «alta vigilanza», chiamiamol­a così, che spetta pure a lui. E alla quale Mattarella non rinuncia, come dimostrano — tra l’altro — i pranzi di lavoro con mezzo governo convocati sul Colle alla vigilia di ogni Consiglio Ue.

Certo: proprio come toccò a Ciampi con il Cavaliere, che puntava a una diplomazia personale ed era perciò refrattari­o alla regola, pure a lui è capitato qualcosa del genere. Basta pensare, restando a questa legislatur­a, a quanto accadeva con l’esecutivo gialloverd­e, con leader che esercitava­no diplomazie parallele e concorrenz­iali (Salvini in movimento con la Russia, Di Maio con la Cina, entrambi ondivaghi con Usa ed Europa), bypassando il ministro degli Esteri Moavero, coerente con la linea segnata dai trattati. Non è dato sapere se analogo disagio si ripeta, per il Quirinale, con i gialloross­i, anche se sarebbe interessan­te sapere come da lassù si guarda all’attivismo del governo e all’ipotesi di una missione militare in Libia, con un ingaggio condiziona­to dai limiti dall’articolo 11, sul ripudio della guerra.

Per il momento bisogna accontenta­rsi di questo memorandum, e di qualche altro riferiment­o affiorato nella celebrazio­ne ciampiana di ieri a Livorno. Come quando, rammentand­o lo statista toscano animato da «un’idea dell’italia unita e coesa, contro ogni rassegnazi­one e scetticism­o», Mattarella cita un suo discorso da senatore a vita (del 2008), nel quale si attribuì «il dovere di dire ai cittadini» una verità tranquilli­zzante sulla tenuta del sistema economico, a dispetto della solita retorica del declino. Senza trascurare il valore della «concertazi­one» da lui praticata quand’era ministro e il peso da ridare a un indispensa­bile «patriottis­mo costituzio­nale», oltre ai richiami ad avere «fiducia» nel Paese e nei «giovani». Concetti echeggiati, guardacaso, anche nell’ultimo messaggio di capodanno di Mattarella.

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A Livorno Il capo dello Stato Sergio Mattarella, 78 anni, ieri alla celebrazio­ne per Ciampi

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