La lettera degli investitori all’europa
Nell’italia del 2020 non si trova un solo partito disposto ad accettare una concessione come quella del 2007 che assegnò una rete di 2.850 chilometri a Autostrade per l’italia (Aspi). Quell’accordo, concesso allora dal centrosinistra, permetteva aumenti ai caselli in base agli investimenti attesi del concessionario e non a quelli realizzati. Stabiliva l’indennizzo di tutti gli utili prevedibili fino al 2038 anche in caso di inadempienza del gestore (se non c’è una condanna). Nell’italia di oggi non si trova neanche qualcuno disposto a sostenere che Atlantia, la holding controllata dalla famiglia Benetton che ha Aspi sotto di sé, non debba fare di più: è giusto che per il crollo del ponte Morandi offra un impegno finanziario più ampio per riconoscere la propria (grande) parte di responsabilità. Sarà poi un giudice a dire se anche il concedente pubblico ha vigilato male. Ma in uno Stato dove vige la certezza del diritto anche un contratto che non riscriveremmo è un contratto da rispettare. Ed è dall’800 che gli azionisti non sono responsabili personalmente dell’attività di un’azienda, mentre le aziende stesse non sono persone fisiche da punire (semmai, possono essere condannati gli amministratori). Grandi investitori come Blackrock, Lazard o Gic hanno scritto a Bruxelles per dire che l’italia sta violando tutti questi principi di uno Stato di diritto moderno. Non sarebbe il modo di fare giustizia per Genova. È il modo di restare senza investitori, proprio ora che servono più infrastrutture.