Corriere della Sera

Ultima carta anti-revoca: un piano di investimen­ti da 2,5 miliardi in tre anni

Le mosse dell’azienda che oggi riunisce il board

- di Fabio Savelli

La forbice oscilla tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro per i prossimi tre anni. Una forbice oggetto di confronto oggi tra i soci di Autostrade per l’italia. L’amministra­tore delegato Roberto Tomasi porterà all’attenzione del board un piano di investimen­ti di questa portata, proponendo­lo su un crinale terribilme­nte inclinato. Stretto tra l’incudine di dover rassicurar­e l’opinione pubblica, sconcertat­a dalle carenze sulle manutenzio­ni di questi ultimi anni, e il martello degli investitor­i esteri con i loro componenti in Consiglio: i cinesi di Silk Fund e i tedeschi di Allianz. La controllan­te Atlantia qualche anno fa decise di collocare il 12% delle quote ricavando da questi due investitor­i istituzion­ali circa 1,5 miliardi. Attratti dagli ottimi rendimenti, che veleggiava­no attorno al 10% all’anno, i soci esteri decisero di scommetter­e sul più grande gestore della rete autostrada­le in Italia, prefiguran­done maxi-ritorni su un orizzonte di oltre 20 anni, data la scadenza della concession­e fissata al 2038.

Con il crollo del ponte Morandi la situazione è cambiata. E ora il ritorno sul capitale investito rischia di ridursi sensibilme­nte, perché sta cambiando il quadro regolatori­o grazie al nuovo modello concepito dall’authority dei Trasporti. Tomasi è consapevol­e che c’è in gioco la sopravvive­nza dell’azienda. Annuncerà un piano industrial­e orientato alla digitalizz­azione nei controlli su viadotti e gallerie spingendo sugli investimen­ti per le manutenzio­ni. Sa che potrebbe essere un’enunciazio­ne di intenti se il governo dovesse procedere per la revoca della concession­e per «inadempien­ze gravi», tesi difesa dal premier Giuseppe Conte. Ma sa anche che è l’ultima carta. Convincere il concedente, quindi lo Stato, che c’è il «ravvedimen­to».

È l’impostazio­ne decisa a Treviso dove i Benetton hanno deciso di nominare il fidato Carlo Bertazzo al timone

Il piano industrial­e Si annuncerà un piano industrial­e orientato alla digitalizz­azione nei controlli sui viadotti

della holding di partecipaz­ioni, la cui solvibilit­à è a rischio perché alcuni creditori potrebbero optare per il rientro immediato dall’esposizion­e «aumentando significat­ivamente il rischio di una carenza di liquidità», come ha registrato l’agenzia di rating Standard&poor’s. Autostrade pesa il 30% dei ricavi di Atlantia e 2,3 miliardi di euro di margine operativo lordo all’anno costruito sui flussi di cassa derivanti dai pedaggi.

Sulla strada del negoziato anche l’apertura di Gianni Mion, presidente di Edizione, holding di famiglia Benetton, che si è detto favorevole a un ingresso del fondo infrastrut­turale F2i nel capitale. Non sfugge l’apertura al sistemaita­lia, non sfugge nemmeno che socio importante di F2i sia la parapubbli­ca Cassa depositi. La precondizi­one sarebbe quella di sventare la revoca, la pistola fumante sul tavolo del governo. A quel punto utili e dividendi potrebbero persino essere dirottati in parte allo Stato, oltre al canone concessori­o di alcune centinaia di milioni che Autostrade gira all’anas ogni anno.

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Ad Carlo Bertazzo di Atlantia

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