Dalla mafia dei pascoli alla truffa per i fondi Ue «Chi obietta lo uccidiamo»
Messina, 94 arresti. La base Nato era «area coltivabile»
Il blitz
● Ieri il Gico della Guardia di finanza e il Ros dei carabinieri, coordinati dalla Procura di Messina, hanno fermato 94 persone (194 gli indagati, sequestrate 151 aziende)
● Disarticolati i clan dei Batanesi e dei Bontempo-scavo di Tortorici, nel Messinese, che lucravano anche sui fondi dell’ue
La vecchia «mafia dei pascoli» s’è evoluta e punta all’europa: dai monti Nebrodi, nella Sicilia nordorientale, ai fondi dell’unione per il sostegno all’agricoltura. Un legame con la terra resta, ma virtuale e utile a «ingurgitare profitti milionari», come scrive il gip nel provvedimento con cui ha ordinato 94 arresti fra i 194 indagati.
L’operazione condotta dalla Procura di Messina, assieme agli investigatori del Gico della Guardia di finanza e del Ros dei carabinieri, ha svelato un sistema di truffe per almeno 10 milioni di euro, partiti dall’ue e finiti su conti bancari in Italia e all’estero: Lituania, Cipro e Bulgaria. Guadagni garantiti da intestazioni fittizie di terreni o da false destinazioni d’uso certificate con la complicità di «colletti bianchi» tra i quali spicca il nome di Emanuele Galati Sardo, sindaco di Tortorici da aprile, arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Appezzamenti del Demanio, di proprietari morti o inconsapevoli, venivano fatti figurare come terreni agricoli tramite false dichiarazioni relative a titolari e uso. Sui quali venivano attivate le pratiche per ottenere i finanziamenti europei. Successivamente dirottati dalla truffata Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), sui conti dei boss e dei prestanome al servizio dei clan dei Batanesi e dei Bontempo-scavo.
Un gioco di prestigio riuscito in centinaia di casi, dal 2012 in avanti, perfino su alcuni lotti attribuiti dallo Stato italiano alla Nato, dove la Marina militare statunitense ha impiantato il sistema di comunicazione satellitare Muos, nel comune di Niscemi. I terreni con i radar figuravano destinati al pascolo e alla coltivazione, e così una base strategica per il controllo del Mediterraneo nella gestione delle crisi in quell’area, svolgeva contemporaneamente la funzione di base per i guadagni della mafia un tempo considerata babba, cioè scema, dimostratasi invece tutt’altro che ingenua e antica.
La complicità dei funzionari dei Centri di assistenza agricola (come il sindaco di Tortorici) e degli enti locali è sfociata nell’accusa di concorso in associazione mafiosa, così come quella del notaio che avrebbe certificato i falsi. E dalle intercettazioni emerge, oltre alle truffe, il clima di intimidazione instaurato per accaparrarsi, seppure virtualmente, le particelle catastali.
«Ci vorrebbero i terreni, le fatture delle mucche — spiegava un commercialista —... Che ti serve farla attiva?... La banca, anche se è inattiva, non è che guardano a queste cose...». In un’altra conversazione un indagato illustrava gli scarsi rischi sul piano giudiziario: «E se ci denunciano niente ci fa... con altri 1.500 euro apri la cooperativa... la faccio pure io, voglio credere...
Le parole del boss «Possiamo prendere i terreni a tutti i paesani» Almeno 10 milioni sui conti dei prestanome