LA STORIA DEL «TESORO DEL PSI» SECONDO STEFANIA CRAXI
Caro Aldo, su Craxi bisogna dire che per Di Pietro il foruncolo era volgarmente un Bubbone. Esclamando: quante storie per un Bubbone.
Per come è andata a finire non era un capriccio ma una cosa molto più seria. Il famoso tesoretto non è stato mai trovato o Di Pietro si è dimenticato di farlo vedere? Bisogna dire e farlo capire - voi giornalisti che Craxi è stato condannato per: non poteva non sapere.
Sul «tesoretto», come lo chiama lei, feci un’intervista con Stefania Craxi che La Stampa pubblicò nel gennaio del 2001, a un anno dalla morte del padre.
La figlia disse testualmente che «non esisteva il tesoro personale di Craxi; esisteva il “tesoro” del partito. Esistevano i conti esteri del Psi. E non solo del Psi. Pci e Dc avevano anche loro conti esteri». E poi: «Dopo la morte di Balzamo, l’amministratore del Psi, a mio padre furono consegnati, in una busta, i riferimenti di alcuni conti (ma ne esistevano certamente altri): quelli che l’amministrazione supponeva che Craxi conoscesse, dato che i fiduciari erano milanesi. Bettino mandò quella busta al nuovo segretario del Psi, Giorgio Benvenuto, che gliela rimandò indietro. Tre mesi dopo mio padre inviò la stessa busta al successore di
Benvenuto, Ottaviano Del Turco, che a suo volta la rimandò a mio padre con una motivazione che suonava più o meno così: “Io non sono coperto dall’immunità parlamentare”. Ebbe paura. Come tutti in quel periodo. Allora mio padre passò i riferimenti a persone di cui pensava di potersi fidare, e che già collaboravano all’amministrazione del partito». Uno di loro era Maurizio Raggio.
All’obiezione che Craxi avrebbe dovuto consegnare i conti ai giudici, Stefania rispose: «Non nascondiamoci la verità. C’era una guerra in corso, che si combatteva da entrambi le parti con armi illegali. Era forse legale il furore giudiziario usato contro Craxi? Era forse legale l’uso politico delle manette? Se durante questa guerra allora in atto mio padre scelse di acconsentire ad atti illegali, fu sempre e solo per motivazioni politiche».