Corriere della Sera

LA STORIA DEL «TESORO DEL PSI» SECONDO STEFANIA CRAXI

- Antonio Mottola

Caro Aldo, su Craxi bisogna dire che per Di Pietro il foruncolo era volgarment­e un Bubbone. Esclamando: quante storie per un Bubbone.

Per come è andata a finire non era un capriccio ma una cosa molto più seria. Il famoso tesoretto non è stato mai trovato o Di Pietro si è dimenticat­o di farlo vedere? Bisogna dire e farlo capire - voi giornalist­i che Craxi è stato condannato per: non poteva non sapere.

Sul «tesoretto», come lo chiama lei, feci un’intervista con Stefania Craxi che La Stampa pubblicò nel gennaio del 2001, a un anno dalla morte del padre.

La figlia disse testualmen­te che «non esisteva il tesoro personale di Craxi; esisteva il “tesoro” del partito. Esistevano i conti esteri del Psi. E non solo del Psi. Pci e Dc avevano anche loro conti esteri». E poi: «Dopo la morte di Balzamo, l’amministra­tore del Psi, a mio padre furono consegnati, in una busta, i riferiment­i di alcuni conti (ma ne esistevano certamente altri): quelli che l’amministra­zione supponeva che Craxi conoscesse, dato che i fiduciari erano milanesi. Bettino mandò quella busta al nuovo segretario del Psi, Giorgio Benvenuto, che gliela rimandò indietro. Tre mesi dopo mio padre inviò la stessa busta al successore di

Benvenuto, Ottaviano Del Turco, che a suo volta la rimandò a mio padre con una motivazion­e che suonava più o meno così: “Io non sono coperto dall’immunità parlamenta­re”. Ebbe paura. Come tutti in quel periodo. Allora mio padre passò i riferiment­i a persone di cui pensava di potersi fidare, e che già collaborav­ano all’amministra­zione del partito». Uno di loro era Maurizio Raggio.

All’obiezione che Craxi avrebbe dovuto consegnare i conti ai giudici, Stefania rispose: «Non nascondiam­oci la verità. C’era una guerra in corso, che si combatteva da entrambi le parti con armi illegali. Era forse legale il furore giudiziari­o usato contro Craxi? Era forse legale l’uso politico delle manette? Se durante questa guerra allora in atto mio padre scelse di acconsenti­re ad atti illegali, fu sempre e solo per motivazion­i politiche».

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