Corriere della Sera

«Helmut, il soldato tedesco che mi salvò la vita»

- Ezio Dabbene

Ho 80 anni. Nella primavera del 1945 il mio paese, Santa Vittoria d’alba (Cuneo), fu occupato da una compagnia di soldati tedeschi. Due ufficiali si sistemaron­o nella mia casa mangiando e bevendo con le nostre provviste. Cucinava mia madre. Il comandante era secco e prepotente, il suo sottoposto, Helmut, buono e gentile, per cui feci amicizia. Avevo 5 anni e, giocando a nascondino, caddi dal pagliaio e riportai una frattura grave: dovevo essere subito operato. L’unico telefono del paese era in mano ai tedeschi. I miei genitori erano disperati! Helmut si occupò della cosa. Telefonò agli ospedali di Alba e Bra: non c’erano chirurghi disponibil­i e nessuno poteva venire a prelevarmi. La statale tra Alba e Bra era controllat­a dagli aerei alleati che mitragliav­ano ogni veicolo. Helmut trovò un chirurgo disponibil­e nella clinica del dott. Jona a Bra: mi avrebbe operato se qualcuno mi avesse portato lì. Helmut prese me e mia madre e ci portò alla clinica passando per i sentieri delle colline. Il pericolo era alto perché le colline erano zone dei partigiani che, alla vista di una Jeep tedesca, avrebbero subito sparato senza indugio. Nella notte in cui fui operato l’aviazione alleata bombardò la stazione ferroviari­a di Bra, vicina alla clinica. Mi portarono nelle cantine della clinica nella quale mi fermai due notti, ma tutto finì bene. Così un soldato della Wehrmacht mi salvò la vita nonostante il rischio di perdere la sua!

Ezio aveva 5 anni quando, nel 1945, cadde dal pagliaio. Un soldato tedesco rischiò la vita per portarlo nella clinica dove venne operato

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