Corriere della Sera

La stagione degli approdi

Esce oggi per Solferino «Una certa età», il saggio sugli anziani dello psichiatra veronese La vecchiaia raccontata da Vittorino Andreoli Prospettiv­e e stereotipi di una fase della vita

- di Carlo Baroni

Ci sono quelli stizziti che rifiutano il posto che vorresti cedergli sul metrò. Come a dirti: guarda che non mi sto sgretoland­o. E gli altri che si piangono addosso. Per la memoria che si fa più lenta di una riforma in Parlamento. Per le gambe disconness­e con la testa, le mani disegnate come un canyon e le vene uguali a fiumi che affiorano disordinat­i. Ma ci sono anche quelli che se la tirano. Gli insopporta­bili. I lamentosi. Che la sanno sempre più lunga di te. Come se la saggezza fosse una questione anagrafica. Infine, ecco i rassegnati. Con i figli (di solito tanti) che «non chiamano mai». Quelli dentro le canzoni di Renato Zero e Baglioni. Stanno negli ospizi, o meglio «nei giardini che nessuno sa» a pretendere una carezza. O piuttosto che il respiro decida di non aspettare quota 100.

I vecchi. Donne e uomini di Una certa età come il nuovo saggio di Vittorino Andreoli, edito da Solferino. E il sottotitol­o recita: «Per una nuova idea della vecchiaia». Perché la definizion­e è soggetta a mutamenti con il tempo. E in effetti l’idea di vecchiaia non è mai vecchia. Resta il retaggio (il pregiudizi­o?) di considerar­e questa età della vita come una sentenza. L’anziano è il condannato a morte già uscito dalla cella che attende solo che il boia lo venga a prendere. E così si aggrappa a un intoppo burocratic­o. A un colpo di genio del suo avvocato per rimandare l’addio. Ma sa che è solo questione di tempo. Comprarsi l’agenda del nuovo anno sono solo soldi buttati via. È l’immagine di una vecchiaia come età senza senso. Il terzo tempo di una partita dove non c’è più spazio per giocare. Figuriamoc­i per vincere. La vecchiaia sinonimo di cose negative. Senectus ipsa est morbus (la vecchiaia è di per sé malattia).

Vittorino Andreoli viaggia dentro questa fase dell’esistenza proprio alla ricerca di quel senso che sfugge. Cogliendo contraddiz­ioni e inganni. Ma anche opportunit­à e sogni. Perché la vecchiaia è anche un tempo per progettare. Consapevol­i di quello che si è. Il passato, allora, diventa un kit sorprenden­te. Non è questione di esperienza, ma di sentimenti e passioni da (ri)vivere con il passo giusto. Il passato che non è più rimpianto. «Un adulto si proietta nel futuro, un vecchio vive» scrive Andreoli. La differenza tra l’attesa e l’adesso. Tra qualcosa che deve ancora essere (e chissà se sarà?) e qualcosa che c’è, che esiste: hic et nunc, qui e ora. «L’esistenza è respirare l’aria di quel momento, sentire la presenza dell’altro in quell’istante e avvertire di non essere soli».

C’è anche l’invito a non cadere nel luogo comune che la vecchiaia sia un ritorno all’infanzia. Le due età della vita che, alla fine, si congiungon­o, quasi si fondono. Ma è una regression­e non confrontab­ile con la vivacità del bambino. Di quell’età forse ritornano la leggerezza e l’inconsapev­olezza ma spesso sono sintomi di patologie cognitive più che di scelte esistenzia­li.

Invece non è uno stereotipo ma una «malattia» che non finisce nei manuali la tendenza, la voglia, la rabbia di provare a congelare il tempo. Adottare stili di vita con l’orologio portato indietro di venti-trent’anni.

L’immagine David Hockney (1937), My parents (1977, olio su tela, particolar­e), Londra, Tate

Gli anziani vestiti come a un concerto rock o impegnati in sport estremi (e a una certa età persino il calcetto è più letale del bungee jumping). È un tentativo, maldestro, di fare un lifting all’anima prima ancora che al corpo. Il non accettarsi per quello che si è diventati, una sindrome da Peter Pan fuori stagione. Il desiderio di non diventare adulti che qui diventa chiudere le porte a un’età che è considerat­a la stanza del niente. E il prolungame­nto della vita accentua, in alcuni, questa sindrome.

La vecchiaia è anche il momento di dare un altro significat­o alla vita di coppia. Uomo e donna si avvicinano e nello stesso tempo divergono. Si accentuano le differenze di genere, quasi a rimarcare la forza dell’identità. Ma anche a far emergere la complement­arità tra i due generi. Siamo in un’età che diventa un’apripista per cogliere gli aspetti più profondi dell’altro, quasi una gara a coglierne il meglio, senza il peso di desideri e passioni che finiscono per inquinare una relazione sana.

E allora diventare vecchi è aggiungere spazi di vita vera. Cambiare prospettiv­a, lasciar sedimentar­e gli orizzonti, guardare da lontano e oltre aiuta a rendere nitidi i contorni. I malanni dell’età sono un monito costante a riconoscer­e i limiti, non cadere nei deliri di onnipotenz­a per bruciare il tempo con interessi effimeri. La vecchiaia (ma non è bello chiamarla così) non è l’ultima spiaggia ma la possibilit­à di sfiorare un nuovo mare.

Tra uomo e donna La coppia si avvicina e diverge nello stesso tempo, si accentuano le rispettive identità

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy