Note di Händel da riscoprire con «Orlando»
Ècosa buona e giusta che la musica di Händel appassioni sempre di più il pubblico italiano. In questi ultimi giorni si sono eseguite due opere. Mentre a Ravenna Ottavio Dantone con l’ormai storica Accademia Bizantina hanno riproposto il delizioso Serse, al Ristori di Verona, teatro di una stagione musicale di rara originalità, il clavicembalista Francesco Corti ha guidato un’esecuzione di Orlando a capo del sempre più quotato ensemble Il pomo d’oro, formato da specialisti di mezz’europa.
L’opera su libretto anonimo molto liberamente ispirato al capolavoro ariostesco, si distingue dalle più conosciute del sassone per una sintassi formale nervosa e, a suo modo, sperimentale, in cui l’aria col da capo comanda sì il disegno generale ma in modo meno dominante del solito. Di qui l’idea di una concertazione poco propensa al ricamo — anche le variazioni sui da capo sono sobrie — ma molto attenta (grazie anche a un basso continuo fremente e, questo sì, rigoglioso) alla materia drammatica, il cui affilato sviluppo non è limitato più che tanto da un libretto che indulge più del necessario alla riflessione filosofica. Solo 5 cantanti formano il cast di quest’opera del 1733. Nuria Rial, Francesca Ascioti e John Chester non sono fenomeni ma garantiscono proprietà stilistica e fluidità del passo. Una marcia in più la offrono il noto controtenore Max Emanuel Cencic, alfiere di uno stile «legato» esemplare e il soprano Katryn Lewek, le cui agilità sono imperfetti ma spettacolari fuochi d’artificio. Molti, molti applausi per tutti.