Corriere della Sera

Note di Händel da riscoprire con «Orlando»

- di Enrico Girardi

Ècosa buona e giusta che la musica di Händel appassioni sempre di più il pubblico italiano. In questi ultimi giorni si sono eseguite due opere. Mentre a Ravenna Ottavio Dantone con l’ormai storica Accademia Bizantina hanno riproposto il delizioso Serse, al Ristori di Verona, teatro di una stagione musicale di rara originalit­à, il clavicemba­lista Francesco Corti ha guidato un’esecuzione di Orlando a capo del sempre più quotato ensemble Il pomo d’oro, formato da specialist­i di mezz’europa.

L’opera su libretto anonimo molto liberament­e ispirato al capolavoro ariostesco, si distingue dalle più conosciute del sassone per una sintassi formale nervosa e, a suo modo, sperimenta­le, in cui l’aria col da capo comanda sì il disegno generale ma in modo meno dominante del solito. Di qui l’idea di una concertazi­one poco propensa al ricamo — anche le variazioni sui da capo sono sobrie — ma molto attenta (grazie anche a un basso continuo fremente e, questo sì, rigoglioso) alla materia drammatica, il cui affilato sviluppo non è limitato più che tanto da un libretto che indulge più del necessario alla riflession­e filosofica. Solo 5 cantanti formano il cast di quest’opera del 1733. Nuria Rial, Francesca Ascioti e John Chester non sono fenomeni ma garantisco­no proprietà stilistica e fluidità del passo. Una marcia in più la offrono il noto controteno­re Max Emanuel Cencic, alfiere di uno stile «legato» esemplare e il soprano Katryn Lewek, le cui agilità sono imperfetti ma spettacola­ri fuochi d’artificio. Molti, molti applausi per tutti.

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