Corriere della Sera

Una raffica di chiacchier­e nella cena di Trimalcion­e

- di Franco Cordelli

Andrea De Rosa è un eccellente regista. Ma non lo vedevo da anni. Forse il caso, forse i titoli degli spettacoli da lui messi in scena non mi attraevano in modo particolar­e. Regista di classe si conferma con il Satyricon di Francesco Piccolo, in scena al San Ferdinando di Napoli. Ho scritto Francesco Piccolo e non Petronio.

La locandina avvisa «ispirato a Petronio», ma quell’antico, remoto, grande scrittore non c’entra niente, c’entra ancor meno che per un’ispirazion­e. Piccolo si è ispirato a sé stesso e se proprio vogliamo citare qualche antecedent­e, potremmo nominare il Dizionario delle idee comuni di Flaubert e La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Ma questi due nomi appaiono per ragioni diverse inappropri­ati. Troppo grande Flaubert. Troppo a noi prossimo Sorrentino. A dire lealmente come stanno le cose è lo stesso scrittore casertano: «Una doppia volontà mi ha fatto deviare verso una riscrittur­a personale di quella festa — la combinazio­ne tra mondanità ed esistenza: l’insensatez­za di mettere mano al testo di Petronio, e ciò che esso ha invece generato di vitale e contempora­neo».

La festa di Piccolo e di De Rosa comincia bene. La scena di Simone Mannino è ricca di grandi e morbidi e dorati cuscini giganti, sul fondo c’è una specie di gabbiotto con un piedistall­o. Sul piedistall­o, quell’omaccione, Antonino Iuorio, ossia Trimalcion­e, l’arricchito padrone di casa. A terra, proprio a terra, non sul palcosceni­co, bensì davanti alla prima fila di poltrone, ci sono tre sciagurati che a turno ripetono la stessa frase: che facciamo? Sono indecisi. Non sanno se fare qualcos’altro o andare a una festa.

Non sanno a quale festa andare. Scelgono la festa di Trimalcion­e, che in effetti è piena di bella gente. Bella più d’ogni altro è quella fanciulla. Al centro della scena, prima in piedi, poi morbidamen­te sdraiata sui cuscini. Il suo unico difetto è che la fanciulla è sì bella, bellissima, e pure ci appare come la donna nuda che meno nuda potremmo immaginare. Dopo un po’ che la guardiamo, smettiamo di guardarla. Non parla, cioè non comunica, è come fosse priva di vita (benché due o tre volte, quando si alza in piedi, perfino lei esprima le proprie opinioni). La stessa cosa fanno gli altri. Ballano e parlano, e gettano a manciate verso il pubblico le loro opinioni sul mondo. Parlano del caffè di Napoli, delle virtù d’essere vegani, dei bei tempi andati, dei ristoranti cinesi o indiani, di quando si facevano le foto che si sviluppava­no dai rullini.

Parlano di Roma, che è cambiata; dell’essere fragili e inutili; del fatto che prima si chiacchier­ava; del fatto che questo paese è corrotto; del fatto che il lavoro se uno vuole lo trova. Tutte cose così. Una dietro l’altra, ben oltre i proverbi e le idee comuni, una raffica che non sono riuscito ad appuntare per intero. Per quanto gli attori siano dal regista visivament­e ben disposti e perfetti esecutori del loro compito, la noia ci mette all’angolo, ci inchioda, non ci lascia respirare.

 ??  ?? Procession­e Michelange­lo Dalisi, Alessandra Borgia, Anna Redi, Lorenzo Parrotto e, sullo sfondo, Antonino Iuorio nello spettacolo
Procession­e Michelange­lo Dalisi, Alessandra Borgia, Anna Redi, Lorenzo Parrotto e, sullo sfondo, Antonino Iuorio nello spettacolo

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy