Corriere della Sera

L’italia del rigore

La serie A è il torneo con più penalty, ammonizion­i e espulsioni d’europa Cesari: «Fischiano qualunque cosa»

- Guido De Carolis

Nessuno come la serie A. C’è da capire però se bisogna andare fieri di un record oppure guardarlo con diffidenza. L’italia è diventata la patria del rigore, merito (o colpa?) della Var. Il nostro campionato è di gran lunga quello in cui ne sono stati assegnati di più. Dopo 19 giornate (manca il recupero di Lazio-verona) gli arbitri ne hanno fischiati 88, mai così tanti dal 2005-06. Sono più del doppio rispetto a quelli della Premier League, dove odiano la Var e dove i penalty sono stati appena 41.

«Quando si dà rigore è per una cosa seria, diceva il grande Paolo Casarin. Ecco, direi che oggi forse è una cosa un po’ meno seria», sintetizza Graziano Cesari, il decano degli ex arbitri moviolisti e oggi opinionist­a di Mediaset.

Gli arbitri in Italia fischiano troppo, sicurament­e molto più di quanto accade in Nord Europa. La causa dell’incremento dei rigori però è la Var, l’altra è aver ridimensio­nato la figura dell’arbitro, sminuendon­e la sua autorità. Ancor prima ha influito la confusione generata dalle nuove regole sul fallo di mano. Doveva essere un chiariment­o, nei fatti sono talmente tante le variabili da prendere in consideraz­ione che diventa impossibil­e, anche per i direttori di gara, decidere con certezza quando è rigore.

Il presidente dell’uefa, Aleksander Ceferin, a inizio dicembre raccontò: «Abbiamo avuto un incontro con i migliori allenatori, c’erano Klopp, Guardiola, Allegri, Ancelotti, Zidane. Il designator­e Rosetti ha mostrato un fallo di mano, chiedendo loro se fosse sanzionabi­le o meno. La metà di loro ha detto di sì, l’altra no. Ditemi come può essere chiaro il regolament­o. Non sappiamo nulla».

Come Ceferin brancolano nell’ignoranza anche i tifosi, i giocatori, gli allenatori, la stragrande maggioranz­a degli addetti ai lavori. Il fallo di mano è diventato un concetto per iniziati a una sorta di setta, tanto si è complicato dopo gli ultimi aggiorname­nti dell’ifab. La stagione passata, dopo il girone d’andata, i rigori concessi furono 50, quasi la metà di oggi, nel 2005-06 erano appena 46.

«L’arbitraggi­o italiano è diverso rispetto ad altri Paesi, interrompi­amo a ogni contatto. L’arbitraggi­o europeo è più moderno, questo porta a un minutaggio di gioco maggiore e a meno falli fischiati», sottolinea Cesari.

L’analisi è avallata da numeri relativi ad ammonizion­i e espulsioni. Anche qui la serie A comanda. Siamo i più cattivi di tutti oppure, sempliceme­nte, i nostri arbitri fischiano qualunque contatto. Il giallo è il colore del nostro campionato: 1.008 ammonizion­i finora (la Premier è ferma a 684), 56 i cartellini rossi contro i 23 degli inglesi. Da noi si simula e si protesta di più, si ricorre costanteme­nte al fallo tattico. Poi le nostre squadre vanno in Europa e pagano il conto, uscendo presto dalle coppe.

«La Var in Italia è utilizzata più che in altri tornei, con una differenza sostanzial­e: in Inghilterr­a — continua Cesari — se arriva una comunicazi­one dal Var diventa legge e l’arbitro la applica senza tante discussion­i». Sarà anche per questo che finora nelle 189 partite disputate in Premier League gli arbitri inglesi non sono mai andati a rivedere un’azione al monitor in campo. Zero volte.

La prima e unica on field review (revisione in campo) c’è stata in Crystal Palace-derby County di Coppa d’inghilterr­a per accertare un’espulsione. Il pubblico inglese fischia non appena sul tabellone dello stadio compare la scritta «Var» e non importa se la decisione favorirà la propria squadra.

Spegnerla è sbagliato, un utilizzo più rigoroso ma con meno rigori è auspicabil­e.

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