L’opera di Céline, Camurri e la complessità della letteratura in tv
È possibile in tv parlare di Louis-ferdinand Céline, dello «scandalo Céline», di un gigante della letteratura e, insieme, di un cantore cupo dell’antisemitismo? Sì è possibile, Edoardo Camurri non finisce di sorprenderci e di mettere in discussione le trasmissioni che fin qui si sono occupate di libri e di scrittori: Punti di svolta (Rai5).
Parlare di Céline è una sfida continua, un districarsi fra l’io narrante (quello di Viaggio al termine della notte o di Morte a credito) e l’io biografico (quello dei famigerati pamphlet, tipo Bagatelle per un massacro). Nella postfazione a Il dottor Semmelweis (prima di diventare Céline, cioè uno degli scrittori grandissimi del nostro secolo, Céline fu lo studente di medicina Louis-ferdinand Destouches), Guido Ceronetti scrive: «Céline è un distruttore formidabile di stupidità, d’inutilità, di vuoto stilistico, un vendicatore furioso della parola, un autentico e veridico oracolo. Ha l’utilità pericolosa di una Bibbia, ed è un atleta antibiblico non indegno di contorcersi e di morire tra i suoi tentacoli detestati».
Con l’aiuto di Daria Galateria e di Ernesto Ferrero, Camurri ha ripercorso l’opera e la vita di Céline — dal Passage Choiseul alla casa di Meudon, alle porte di Parigi — per mostrare il persistere del valore della letteratura anche quando questa è gravemente compromessa dalla biografia dell’autore. Il tragico si chiama tragico, perché non è comico. La complessità si chiama complessità, perché non è semplice. Non bisogna aver paura di affrontare la complessità in tv (il Viaggio è un poema iniziatico, la visione celiniana si disloca nell’allucinazione totale), bisogna semplicemente esserne all’altezza. A Rai Cultura vanno i meriti di aver prodotto questa serie di ritratti, ma davvero il pubblico della tv generalista non è più in grado di seguire un simile programma?
Non sarebbe compito del servizio pubblico cercare di migliorare tutti i propri spettatori?