Corriere della Sera

Un’altra bomba dei clan Foggia, emergenza racket

Foggia, ieri il secondo attentato in due settimane. Scorta ai due fratelli imprendito­ri anti racket

- di Michelange­lo Borrillo

FOGGIA «Mio fratello non c’entra nulla, sono io nel mirino». Luca, 38 anni, è il più giovane dei fratelli Vigilante. Ma si comporta come se fosse il maggiore. Protettivo nei confronti di Cristian, 7 anni più grande. Perché sa che maggiori sono le sue responsabi­lità nel gruppo Telesforo, case di cura in Puglia e Basilicata, per cui i due lavorano. «Cristian non ha poteri decisional­i, lo hanno utilizzato per arrivare a me».

Due anni fa la «Società» foggiana, la malavita da sempre dedita alle estorsioni, avvicinò Cristian, 45 anni e due figli gemelli piccoli. E lo fece con due sole parole. Ma di una evidenza e di una efficacia chiarissim­a: i «boom» e i «baam» minacciati sono nero su bianco nelle carte dell’inchiesta «Decima Azione», la maxi operazione contro la «Società» che ne decapitò i vertici. E dopo il «boom» della sera del 3 gennaio scorso, che distrusse il suv aziendale Discovery Land Rover appena parcheggia­to da Cristian, è arrivato ieri mattina anche il «baam», con la bomba fatta esplodere dinanzi al centro «Il Sorriso di Stefano», in via Vincenzo Acquaviva, non molto distante da via D’aragona, luogo del primo attentato, dove c’era una donna già dedita alle pulizie, per fortuna rimasta illesa.

Nel mirino del racket foggiano, ormai è chiaro, c’è il gruppo Telesforo, di cui è proprietar­io il suocero di Luca, Paolo Telesforo. Luca è presidente di Sanità Più, società di cui Cristian è responsabi­le delle risorse umane. Da oggi tutti e tre, Paolo, Luca e Cristian, si muoveranno sotto scorta, così ha deciso il prefetto Raffaele Grassi.

«Nel 2018 — spiega Luca — due persone avvicinaro­no mio fratello e gli chiesero di fare da tramite con me e mio suocero per ottenere un posto di lavoro». Ed evitare che — come si legge nella carte dell’inchiesta — «iniziasser­o i boom e i baam», chiaro riferiment­o alle esplosioni. «I due — prosegue Luca — erano già sotto intercetta­zione da parte della polizia. Pochi giorni più tardi venimmo convocati in questura e confermamm­o le richieste a carattere delinquenz­iale che avevamo ricevuto». A fine novembre 2018, a indagini concluse, furono arrestate 30 persone tra le quali — per estorsione aggravata e continuata — anche le due che avevano minacciato Cristian. Luca, oggi, quasi non crede a ciò che sta accadendo: «Non ci aspettavam­o una cosa del genere a distanza di pochi giorni da una risposta collettiva, sociale, istituzion­ale». Solo venerdì scorso, infatti, Luca e Cristian avevano partecipat­o a braccetto alla manifestaz­ione dei 20 mila voluta da Libera contro la criminalit­à organizzat­a, «il più bel messaggio che ci potesse arrivare dalla città dopo l’attentato incendiari­o all’auto».

Ma la «Società» foggiana pensa di poter fare ciò che vuole, e i fratelli Vigilante lo capirono fin da subito. Quando Cristian fece notare, in risposta alle richieste estorsive, che l’amministra­tore li avrebbe denunciati, i due criminali gli porsero il telefono invitandol­o a chiamare il 113: «Arresteran­no noi, ma verranno altre decine di persone». E la risposta fu ancora più arrogante quando Cristian fece notare che in una clinica possono essere assunti solo operatori socio-sanitari: avrebbero provveduto loro — quelli della «Società» — a recapitarg­li le certificaz­ioni necessarie.

Ma Luca — un passato da giocatore di basket e quindi convinto che le gare vadano giocate fino all’ultimo secondo — non si arrende: «Andiamo avanti, abbiamo riaperto subito, le nostre strutture sono in sicurezza». Lavoro e sicurezza: le uniche due parole con cui si può rispondere ai «boom» e ai «baam».

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