Un’altra bomba dei clan Foggia, emergenza racket
Foggia, ieri il secondo attentato in due settimane. Scorta ai due fratelli imprenditori anti racket
FOGGIA «Mio fratello non c’entra nulla, sono io nel mirino». Luca, 38 anni, è il più giovane dei fratelli Vigilante. Ma si comporta come se fosse il maggiore. Protettivo nei confronti di Cristian, 7 anni più grande. Perché sa che maggiori sono le sue responsabilità nel gruppo Telesforo, case di cura in Puglia e Basilicata, per cui i due lavorano. «Cristian non ha poteri decisionali, lo hanno utilizzato per arrivare a me».
Due anni fa la «Società» foggiana, la malavita da sempre dedita alle estorsioni, avvicinò Cristian, 45 anni e due figli gemelli piccoli. E lo fece con due sole parole. Ma di una evidenza e di una efficacia chiarissima: i «boom» e i «baam» minacciati sono nero su bianco nelle carte dell’inchiesta «Decima Azione», la maxi operazione contro la «Società» che ne decapitò i vertici. E dopo il «boom» della sera del 3 gennaio scorso, che distrusse il suv aziendale Discovery Land Rover appena parcheggiato da Cristian, è arrivato ieri mattina anche il «baam», con la bomba fatta esplodere dinanzi al centro «Il Sorriso di Stefano», in via Vincenzo Acquaviva, non molto distante da via D’aragona, luogo del primo attentato, dove c’era una donna già dedita alle pulizie, per fortuna rimasta illesa.
Nel mirino del racket foggiano, ormai è chiaro, c’è il gruppo Telesforo, di cui è proprietario il suocero di Luca, Paolo Telesforo. Luca è presidente di Sanità Più, società di cui Cristian è responsabile delle risorse umane. Da oggi tutti e tre, Paolo, Luca e Cristian, si muoveranno sotto scorta, così ha deciso il prefetto Raffaele Grassi.
«Nel 2018 — spiega Luca — due persone avvicinarono mio fratello e gli chiesero di fare da tramite con me e mio suocero per ottenere un posto di lavoro». Ed evitare che — come si legge nella carte dell’inchiesta — «iniziassero i boom e i baam», chiaro riferimento alle esplosioni. «I due — prosegue Luca — erano già sotto intercettazione da parte della polizia. Pochi giorni più tardi venimmo convocati in questura e confermammo le richieste a carattere delinquenziale che avevamo ricevuto». A fine novembre 2018, a indagini concluse, furono arrestate 30 persone tra le quali — per estorsione aggravata e continuata — anche le due che avevano minacciato Cristian. Luca, oggi, quasi non crede a ciò che sta accadendo: «Non ci aspettavamo una cosa del genere a distanza di pochi giorni da una risposta collettiva, sociale, istituzionale». Solo venerdì scorso, infatti, Luca e Cristian avevano partecipato a braccetto alla manifestazione dei 20 mila voluta da Libera contro la criminalità organizzata, «il più bel messaggio che ci potesse arrivare dalla città dopo l’attentato incendiario all’auto».
Ma la «Società» foggiana pensa di poter fare ciò che vuole, e i fratelli Vigilante lo capirono fin da subito. Quando Cristian fece notare, in risposta alle richieste estorsive, che l’amministratore li avrebbe denunciati, i due criminali gli porsero il telefono invitandolo a chiamare il 113: «Arresteranno noi, ma verranno altre decine di persone». E la risposta fu ancora più arrogante quando Cristian fece notare che in una clinica possono essere assunti solo operatori socio-sanitari: avrebbero provveduto loro — quelli della «Società» — a recapitargli le certificazioni necessarie.
Ma Luca — un passato da giocatore di basket e quindi convinto che le gare vadano giocate fino all’ultimo secondo — non si arrende: «Andiamo avanti, abbiamo riaperto subito, le nostre strutture sono in sicurezza». Lavoro e sicurezza: le uniche due parole con cui si può rispondere ai «boom» e ai «baam».