Corriere della Sera

«Mi hai dato della bugiarda» Il fuorionda Warren-sanders divide la sinistra radical

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Adesso che sono volati gli stracci in pubblico, si è capito quanto fosse artificial­e e precario il «patto di non aggression­e» tra Bernie Sanders ed Elizabeth Warren. Martedì scorso i due campioni della sinistra radicale si sono prima beccati sul palco in diretta tv, durante il dibattito tra i candidati democratic­i a Des Moines, Iowa. Poi alla fine, quando pensavano che i microfoni fossero ormai spenti. «Mi hai dato della bugiarda»; «no, tu mi hai dato del bugiardo». Il tema della discordia è la frase che Sanders avrebbe detto a Warren più di un anno fa: «Una donna non può vincere le elezioni contro Trump». Il senatore del Vermont ora smentisce, la sua collega del Massachuse­tts conferma.

Il risultato è che l’area più «progressiv­a» del partito è andata in cortocircu­ito.

Può dispiacere ai sostenitor­i dell’uno e dell’altra, che insieme condividon­o il sentimento di sentirsi chiamati a una missione epocale: rigenerare il Paese in nome di un’etica pubblica superiore, di una purezza incontamin­ata, di una furia palingenet­ica. Ma la frattura tra i due nasce da una lotta politica, uguale a tutte le altre, per il potere o, come si dice più eleganteme­nte, per la leadership.

In un primo momento, si raccontava al Congresso, le due fazioni avevano concordato un percorso parallelo, sulla base di un ragionamen­to. I programmi politici non sono poi così diversi. Certo quello economico di Warren è più preciso; quello di Sanders più rabbioso. Sfumature, se si guarda alla sostanza. L’idea allora era semplice: facciamo decidere agli elettori.

Il girone delle primarie questa volta sarà molto compatto. Entro marzo verrà assegnato circa il 60 per cento dei delegati che parteciper­anno alla Convention di luglio. Se entro quella data uno dei due risulta troppo indietro, si ritira e trasferisc­e pubblicame­nte i suoi eletti all’altro o all’altra.

Ma i sondaggi in Iowa e nel New Hampshire hanno fatto saltare lo schema. Sanders è vicino alla vetta, ma Warren è convinta di poter recuperare. I delegati in gioco nei due collegi sono pochi, ma chi parte bene può accreditar­si come il vero frontrunne­r e quindi fare il pieno dei voti a marzo, in California, in Texas e negli altri Stati più grandi.

Così «l’intesa cordiale» tra i due si è trasformat­a in un derby aspro e passionale.

In realtà c’era già stato qualche segnale che forse avrebbe meritato maggiore attenzione. Il 19 ottobre scorso Alexandria Ocasio-cortez, la giovane star della sinistra democratic­a, dichiara di appoggiare «Bernie». Tre settimane dopo, il 6 novembre, Ayanna Pressley, invece, si schiera con «Elizabeth». In quel momento si spezza l’unità della cosiddetta «squad» formata dalle quattro deputate più combattive e oltranzist­e del partito democratic­o.

Le conseguenz­e politiche di tutto ciò possono essere pesanti. La media dei sondaggi realizzata dal sito «Realclearp­olitics» mostra come, sommando le percentual­i di Sanders e Warren, la sinistra valga circa il 35% a livello nazionale, contro il 40% del fronte moderato composto da Joe Biden, Pete Buttigieg, Michael Bloomberg e Amy Klobuchar. Il distacco, quindi, in teoria, si potrebbe colmare. Ma solo se i radical si ricompatta­no con forza ed entusiasmo intorno a un solo leader, che sia Bernie o che sia Elizabeth.

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Scintille
Con Bernie
Alexandria Ocasio-cortez, Ilhan Omar e Rashida Tlaib — 3/4 della «squad», il gruppo di deputate radical — sono con Sanders. Solo Pressley sta con Warren
I candidati democratic­i Elizabeth Warren, 70 anni, e Bernie Sanders, 78, alla fine del dibattito della Cnn a Des Moines (Ap/semansky)
Con Elizabeth La deputata democratic­a Ayanna Pressley sogna una donna presidente e sostiene la senatrice Warren Scintille Con Bernie Alexandria Ocasio-cortez, Ilhan Omar e Rashida Tlaib — 3/4 della «squad», il gruppo di deputate radical — sono con Sanders. Solo Pressley sta con Warren I candidati democratic­i Elizabeth Warren, 70 anni, e Bernie Sanders, 78, alla fine del dibattito della Cnn a Des Moines (Ap/semansky)

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