La lite a sinistra nel nuovo mondo
Così la legge elettorale cambierà gli equilibri
Anche ieri a sinistra hanno continuato a litigare. Ma in un mondo che è cambiato.
In vista della terra promessa, che sarà il proporzionale, assumono un altro significato gli scontri quotidiani tra Zingaretti e Renzi, l’appello di Bersani alla costituzione di un nuovo partito della sinistra, i botta e risposta tra «compagni e amici» del Pd, le iniziative movimentiste che oggi si chiamano Sardine. Il futuro modello elettorale, se il Parlamento lo approverà, non sarà un ritorno al passato, perché dopo ventisei anni di bipolarismo e di sistemi più o meno maggioritari, per tutti i leader (vecchi e nuovi) sarà come inoltrarsi in una selva inesplorata.
L’unica certezza — come dice un ministro dem — è che «si sta per avviare un processo di scomposizione e di ricomposizione. Ma non si sa quanto durerà questo processo e come sarà il futuro». Sono troppe le incognite. Eppoi ci sono due variabili che nessuno può adesso calcolare, e di cui però già si discute nel Pd, come riferisce uno dei suoi dirigenti più autorevoli: «Non è chiara la sorte dei 5 Stelle e in che modo verrà gestita una loro eventuale implosione. In più andrà verificata la capacità di Salvini di gestire la sua spinta propulsiva in una sfida di medio-lungo termine».
In mezzo a tante incertezze, la sinistra si aggrappa al motto che contraddistingue la sua storia: «Competition is competition». Se Renzi accusa il suo ex partito di essersi «appiattito» sui grillini, Zingaretti gli risponde che «chi colpidrammatico». sce noi favorisce Salvini». E intanto si anima il dibattito tra le correnti dem, con Lotti che accusa il segretario di «tafazzismo» per aver aperto un dibattito sullo scioglimento del Pd, immaginando forse di risollevarlo «annettendo» gli scissionisti di Bersani. Solo che stavolta la «competizione» non si riduce al solito tema della leadership: in ballo c’è il destino del partito. Lo riconosce proprio Zingaretti, che per sedare la polemica con Lotti ricorda come «le scissioni sono state un errore Il riferimento al passato è un monito rivolto al futuro, quando il proporzionale calerà sul sistema con la forza dell’acqua che modella le pietre.
E già si vedono i primi rigagnoli, con il ministro Provenzano che insieme al professor Felice, giovane storico meridionalista, teorizza «un nuovo socialismo», e scrive sul Mulino che «contro la disuguaglianza» vanno tassate le eredità, applicate imposte progressive su rendite e patrimoni, ripristinate le garanzie nel mercato del lavoro. È una critica radicale al riformismo che si scontra con la richiesta fatta da Lotti a Zingaretti di «non rinnegare le tante cose buone fatte negli anni scorsi per cambiare l’italia».
A fronte di questa crepa, allora si capisce qual è la scommessa di Renzi, di Calenda e forse di un pezzo del centrodestra che ancora non si manifesta, ma verso il quale il leader di Italia viva ha lanciato un segnale con la battaglia sulla prescrizione. È tutto in divenire, è una fase di transizione che — a sentire Bersani — «riguarda l’intera Europa, dove si stanno sperimentando strane formule di governo, come in Spagna e Austria, in attesa di ridefinire i canoni di destra e sinistra».
In questo quadro potrebbero avere un ruolo persino le sardine, che furbescamente vorranno vedere Conte e non Zingaretti prima di farsi partito: l’approccio naïf non inganni, perché «è chiaro — ammettono sottovoce nel Pd — che il loro avversario non è Salvini ma Renzi». Perciò a guardarle bene le sardine paiono somigliare all’asinello, la forza prodiana dei Democratici che negli anni ruggenti del Ppi e dei Ds agì da guastatore, fino a imporre la nascita del Pd. A sinistra anche il mondo nuovo sembra una riedizione del passato...
Le Sardine e Renzi
«È chiaro — dicono nel Pd — che l’avversario delle Sardine non è Salvini ma Renzi»